Il giovedì di Misano Sky l’ha dedicato a Valentino Rossi, che domenica correrà la sua ultima gara in Italia con la MotoGP. Fra le tante interviste, da chi gli sta vicino a chi l’ha visto crescere, non poteva mancare una chiacchierata con lo stesso Valentino. Lui parla delle corse e della vita, della carriera e di quello che rimarrà poi. Ancora una volta inedito dopo 25 anni di interviste, Rossi parla con spensieratezza di tutto.
La famiglia: Stefania e Graziano
Meda comincia a chiedergli dei genitori: “Io sono un po’ di parte - scherza Valentino - perché sono i miei genitori, ma sono persone un po’ speciali. Il mio segreto, se proprio lo vogliamo dire è il mix tra queste persone così diverse. Mia mamma, la Stefy, è seria, tranquilla, educata, preoccupata di tutto… Invece dall’altra parte c’è Graziano che è un mezzo matto, ma ha una genialità un po’ fuori dalle righe. A me è venuto naturalmente mischiare queste due cose. Io sono più appassionato che vincente, ha ragione la Stefania. La passione per le moto è stata proprio il leitmotiv della mia vita. Mi sono appassionato di brutto dalla prima volta che ho girato. Ma non solo di guidare la moto, anche tutto quello che c’è intorno, dai caschi alle grafiche e agli altri piloti… Seguire le gare, tutto il motorsport! La Formula 1, la Superbike: ho proprio trovato la mia cosa ed è una grande fortuna nella vita”.
“Il mio difetto? - continua Rossi - Graziano dice che arrivo in ritardo! Lui arriva sempre in anticipo però, spacca proprio il secondo, anzi è in anticipo. Io come mia mamma sono un grandissimo ritardatario, in qualche modo arrivo, anche se in ritardo. Lei a volte proprio non arriva! I miei genitori mi hanno dato tanta libertà e fiducia, io da piccolino stavo in giro la sera, stavo alla pista delle moto - che tra l’altro è il Motor Park di Cattolica - tornavo tardi, col motorino da solo… Ero già molto grande per la mia età perché soprattutto mia mamma si è sempre fidata moltissimo di me. Poi loro si sono separati e Graziano… un cagacazzi! Però io sono rimasto con la Stefi che era molto più libertina, anche se non si direbbe. Naturalmente ho sofferto la separazione dei miei, avevo 10 anni e litigavano spesso, era difficile. Alla fine, a parte la sofferenza, per me come qualità della vita è stato molto meglio. Poi quando i tuoi si separano automaticamente acquisti potere e libertà, giochi a rimpallino uno sull’altro e diventi subito un po’ più grande. Non li ho mai delusi, poi eravamo degli scalmanati, io vengo da quella generazione: i nostri social e i nostri telefoni erano gli scooter. Tutti erano appassionati, non solo io o il nostro gruppo. Anche gli altri ragazzi di Cattolica, Pesaro, San Giovanni… Da ragazzini il passatempo era quello, cercare di andare con le ragazzine - come adesso - ma il resto era elaborare il motorino, far le gare… L’elaborazione del motorino, andare in strada a fare le impennate… Era un po’ l’Instagram di adesso, ecco”.
I primi anni e i primi titoli
Valentino poi racconta dell’inizio, di quando la gente ha cominciato a riconoscerlo per la strada fino ad arrivare alla sensazione (impagabile) di correre in un campionato in giro per il mondo: “All’inizio è stata dura, sono diventato campione del mondo a 18 anni, ma già l’anno prima ero famosissimo ed è stata come una bomba. Da lì la mia vita è cambiata, all’inizio è stata dura. Vai in giro, tutti ti fermano, ti guardano… Bisogna prenderci un po’ le misure. Il motomondiale ha sempre scandito il ritmo della mia vita per 25 anni, ma mi è sempre piaciuto: è bello partire, viaggiare, vedi tutto il mondo, i primi anni è veramente una figata, poi dopo 20 anni vai sempre negli stessi posti e hai visto tutto, diventa un po’ noioso. Però all’inizio è bello, lo è anche tornare a casa. Passare un weekend concentrati e cercare di vincere e poi quello dopo cazzeggiare e andare in giro con gli amici, andare a cena e fare tardi. Ho vissuto un’epoca meno professionale di adesso, fino al 2004 me la sono giocata di talento. Già mi allenavo, la mia vita però non era minimamente paragonabile a quella di adesso. Adesso bisogna essere degli atleti veri, mangiare bene, andare a letto presto e svegliarsi la mattina e allenarsi, magari due volte al giorno… tutta la vita così! All’inizio era come andare a scuola, con tre mesi di vacanze! Adesso è infinito, per ritagliarsi due settimane di ferie hai una, forse due occasioni durante l’anno. Adesso è veramente andare a lavorare, l’anno prossimo sono 21 gare! Io mi ricordo l’inizio 14, 15, 16… Sono sempre di più ed è tosta, ti prende tutta la vita”.
Il politicamente corretto, il passaggio alla Yamaha dei tempi d’oro e il ritiro
L’intervista va quindi a toccare il mondo, decisamente cambiato, della comunicazione. Valentino è diventato grande dicendo quello che gli passava per la tesa, ora per un pilota sarebbe difficile farlo. Lo è, in un certo senso, anche per lo stesso Rossi: “Un po’ sono cresciuto, un po’ è cambiato il contorno. Prima potevi essere più te stesso e dire più cose, questa è stata una mia fortuna, un mio talento. Vedevo che se dicevo quello che mi veniva alle interviste alla gente piaceva, ridevano. E capivano quello che volevo dire, ero molto diretto. Sta cosa è piaciuta e ho detto ‘vado avanti così’. Adesso anche se dici una cosa piccola in un’intervista dove ti lasci un po’ andare, la bega di tutto quello che succede due o tre giorni dopo… tutti estrapolano una frase dall’intervista e la mettono in un altro articolo… È tosta, quindi a volte stai attento per non dire nulla. Noi nella nostra parte d’Italia giochiamo a dire mezze verità, scherziamo, quindi è un attimo interpretare in un altro modo. Anche perché a me dispiace quando due giorni dopo leggo “Valentino ha detto questo”, anche quello che detto a voce era una stupidaggine. Peccato, era più bello prima e alla gente piaceva di più, si capiva meglio anche com’era una persona”.
Poi si parla della vecchia 500, ma anche della lunghissima carriera del 9 volte iridato e dei motivi che l’hanno convinto al ritiro: “La 500 era il top. Sono contentissimo di aver vinto un mondiale con quella e di essere stato l’ultimo a farlo. Mi piaceva talmente tanto correre, vincere e far casino dopo le gare che speravo di continuare altri vent’anni - come poi è successo - alla fine i risultati fanno la differenza e ora non sono più competitivo quindi smetto. Ma se lo fossi ancora e in gradi di lottare per il podio, andrei avanti. Quando guardi le immagini di quando vincevo, e dei miei anni d’oro, capisci che andavamo molto più piano di adesso. Io sono stato bravo, mi sono impegnato e sono riuscito a migliorare tanto… Quando guardo quelle gare non c’è più nessun pilota che corre! Ma neanche della 125 o della 250 dei tempi d’oro miei. Però quest’anno mi aspettavo di essere più competitivo, o mi sarei fermato l’anno scorso. Diciamo che non sono al top tecnicamente, la mia moto non è molto competitiva, però probabilmente neanche io e questo è il risultato. Il passaggio alla Yamaha? È stato un grandissimo rischio, avevo una gran paura. Rivedendola adesso è stata una scelta un po’ da matti, però alla fine è stata quella gara e quella scelta a farmi diventare così seguito e famoso in tutto il mondo. Lì ho fatto lo step. Molta gente era curiosa ed è andata benissimo. Delle volte mi chiedo quanto avrei potuto vincere, forse avrei battuto Agostini nelle vittorie… Io sono stato in Honda quattro anni e ho dominato tre anni e il primo ho fatto secondo solo perché a inizio mondiale cadevo. Avevo una buona percentuale! Ma se fossi rimasto con la Honda non sarei diventato così, ci ho perso forse di numeri ma è stata la scelta vincente. E comunque… non è così facile! Se si guarda adesso tanti piloti avrebbero potuto, ma nessuno ha avuto i coglioni di farlo (ride)”.
Tavullia, le vittorie e gli anni in Ducati
“Se ho mai pensato di andare a vivere altrove? Tavullia è un gran posto, anche come qualità di vita. E ci sono delle colline nelle Marche molto simili alla Toscana, posti dove gente come Sting ha comprato la casa. Ma l’hanno presa lì solo perché non hanno mai vista Tavullia! La qualità è altissima perché sei tranquillo in campagna ma se vuoi c’è il casino, c’è Riccione, prima di tutto c’è il mare! In Toscana c’è il mare?”.
Quando parla della vittoria più bella in carriera,che per il padre Graziano era la prima in 500 a Donington, Valentino racconta del passaggio alla Yamaha: “Donington 2000? È stata la prima in top class, come il primo gol in Champions. La metto tra le prime 5, anche se secondo me la più bella è stata Welkomm 2004, la prima con la Yamaha. Mi ero stancato dei miei detrattori e dei miei avversari che dicevano che vincevo per la Honda, quando per me era chiarissimo che vincevo perché ero il più forte. Ma anche per loro era chiaro, quando sei in pista lo vedi. Non sono d’accordo che le vittorie sono tutte uguali, ce ne sono 7-8 che sono più emozionanti”.
Poi anche quello, decisamente meno fortunato, con la moto di Borgo Panigale: “Andare alla Ducati era istinto e cuore, ero arrabbiato con la Yamaha perché mi avevano messo Lorenzo. Avevo fatto talmente tanto per loro, l’avevo presa da moto perdente e l’avevo portata a vincere più mondiali e nella mia testa non mi meritavo Lorenzo, ma uno che andava un po’ più piano. Poi andava via Furusawa che è sempre stato il punto di riferimento per me. Filippo Preziosi era venuto a casa mia ed era stato molto convincente. Però purtroppo ho capito subito che sarebbe stato molto difficile. Io ero già grande, sono passato alla Ducati che avevo 30 anni. La Yamaha e la Honda sono simili, invece la Ducati molto diverse. Ero anche tutto rotto, gamba e spalla. La prima volta che l’ho guidata ho rivalutato subito il talento di Stoner!”
Gli avversari, la paternità e quello che ci sarà poi
Valentino racconta anche che i suoi avversari, da Max Biaggi a Casey Stoner, sono stati un grande stimolo per lui, che però non cita mai Marc Marquez: “I miei detrattori dicono che ho vinto tanto perché non ho avuto avversari. Le motivazioni della mia carriera sono sempre dipese fortissimamente dai miei avversari. Come diceva Jordan in The Last Dance, a un certo punto dice sempre ‘e da lì è diventata una cosa personale’, lo ripete svariate volte. Con i miei grandi avversari è sempre stato così. E lì fai lo step, cerchi di dare veramente tutto. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con piloti di generazioni diverse. I primi erano Capirossi, Biaggi, Gibernau… Ero il giovane che voleva battere i grandi. Poi ho trovato, ancora più forti, Lorenzo, Stoner e Pedrosa, ma il vecchio ero io. Se ci penso adesso è stato bello dividere la pista con campioni con i contro… di grandissimo livello, ecco”.
Poi Valentino parla della bimba che aspetta con Francesca Sofia Novello, mettendo in mezzo un po’ di romanticismo: “Ancora penso che fai il passo in avanti quando vedi la bimba, la prendi… È molto romantico e poetico che lei sia rimasta incinta proprio quando ho detto che smettevo di correre. Ma forse non è proprio un caso, è qualcosa che ritorna molto nella mia carriera. Numeri, beghe, controbeghe, bello! Un po’ di destino c’è, nel mezzo”.
L’ultima domanda, infine, è quella che vorremmo fargli tutti: come ti senti, che farai? “Veramente sto bene. Fino al 2019 ero terrorizzato, anzi preoccupato all’idea di smettere. Poi quando ho deciso ho pensato che visto che avrò tanto più tempo libero bisognerebbe fare un bambino. Solo che ci ho pensato e lei è rimasta in cinta dopo cinque giorni, capito? E sono contento di rimanere un pilota, ci stiamo organizzando per fare un bel programma e ho voglia. Avrei potuto anche farlo un anno prima, però ci volevo provare fino alla fine, essere proprio sicuro che non c’era niente da fare. Diciamo che quest’anno mi sono tolto tutti i dubbi! È vero, la gente si è divertita e questa è la cosa più bella che rimane”.