Ma perché Jannik Sinner si fa “ipnotizzare”? E in che senso si allena senza racchetta? Per il numero uno al mondo è tutto sempre studiato nei minimi dettagli. In un video condiviso sui social, il neocampione di Melbourne è stato ripreso mentre eseguiva una serie di esercizi particolari sotto la guida del preparatore Marco Panichi e del fisioterapista Umberto Badio. L'obiettivo è quello di rafforzare equilibrio e concentrazione, due elementi chiave nel tennis, ancor di più considerando che Sinner sta attraversando un momento particolarmente delicato per via del caso del doping Clostebol.
Tra gli esercizi mostrati, Jannik osserva una pallina con un occhio coperto mentre è sdraiato e conclude con un esercizio a occhi chiusi insieme al preparatore. Movimenti che potrebbero sembrare semplici ma che richiedono una precisione estrema. È il tipo di preparazione che dimostra l'attenzione quasi maniacale del suo team per i dettagli, un approccio che punta non solo al fisico, ma anche e soprattutto a lavorare sulla mente. Ne ha parlato anche Barbara Schett, ex tennista: “È un lavoro un po’ diverso rispetto a quello di altri giocatori, ma Marco e il fisioterapista sanno esattamente cosa stanno facendo. Credo sia pensato per affinare la concentrazione. Non sono una scienziata, ma se funziona, perché no?”.
Pensando alla più alta concentrazione raggiungibile da un atleta non può che venire in mente il 14 maggio 1988. È il giorno in cui Ayrton Senna ha riscritto la storia del Gran Premio di Monaco, terzo appuntamento di una stagione che vedeva il brasiliano e il compagno di squadra Alain Prost in equilibrio perfetto, con una vittoria a testa. Ma a Montecarlo, Ayrton aveva bisogno di lanciare un segnale forte. E quel segnale fu devastante. In un’intervista, lo stesso Senna rivelò cosa accadde quel giorno. Si sentiva in una sorta di tunnel, in un’altra dimensione, guidando istintivamente: “Ero già in pole position, davanti di mezzo secondo, poi di un secondo… e continuavo, andavo sempre più forte. Ero due secondi più veloce di chiunque altro. Stavo guidando istintivamente, ero in un tunnel. Quel giorno ho capito che quello era il massimo che potevo raggiungere. Non c’era margine per qualcosa in più. Non ho mai più provato quella sensazione da allora”.
La stessa cosa la vediamo in Jorge Martin e tanti altri piloti che, prima di scendere in pista, chiudono gli occhi e la ripassano mentalmente, curva dopo urva.. Ma quanto c'è di reale? Quanto, invece, è sensazionalismo o "effetto placebo"? Sicuramente in campioni di tale levatura, a maggior ragione se impiegati in sport individuali, è fondamentale non trascurare l'aspetto mentale. Abbiamo visto quanti campioni, che poi lo hanno rivelato in ritardo, hanno sofferto di disagi della sfera mentale che non devono più essere un tabù. Che questo allenamento funzioni o meno non lo sappiamo, non ci sono prove scientifiche a supporto. Ma finché Ayrton Senna produce un giro così, Jorge Martín vince un titolo mondiale e Jannik Sinner si porta a casa il trofeo degli Australian Open di questi allenamenti, sospesi sul filo della metafisica, sentiremo parlare sempre più spesso.