Donne, fumo, alcol, stravizi. Il tutto unito alla velocità e alla vita a mille che ogni pilota vive. A 30 anni dalla sua scomparsa, Hunt “Lo Schianto”, 10 Gran Premi vinti e un titolo mondiale conquistato, quello del 1976, è ricordato come un pilota ed un uomo che non conosceva né regole né misure. In Rush (2013), James Hunt viene rappresentato come l’avversario scapestrato di Niki Lauda: l’altro da battere, dedito al sesso, bello impossibile (come canterebbe la Nannini), con la fame di vittoria solo di chi negli anni ‘70 aveva il coraggio di calarsi dentro un abitacolo. Il perfetto contrario di Lauda, un uomo strategico, riservato, determinato a tornare in pista dopo l’incidente al Nurburgring vedendo dalla tv dell’ospedale le vittorie del rivale.
Ma come un film non può mostrare tutta la realtà (e figuriamoci tutta la Formula Uno), così il personaggio costruito in Rush non rende giustizia a ciò che è stato James Hunt. Il cui ricordo, spesso, è ridotto al suo motto “Sesso – La colazione dei campioni”, allora esposto fieramente sulla tuta da gara dell’inglese.
In una Formula Uno sempre più commerciale, in cui regnavano i primi sponsor, Hunt fu il primo a mostrare dissenso verso questo giro di soldi che sempre di più avrebbe caratterizzato il Circus. Nel 1976, anno del debutto in McLaren e del suo titolo mondiale, James specificò al team di Woking che il suo lavoro era fare il pilota e che dunque non avrebbe mai indossato una giacca negli eventi di gala legati agli sponsor.
Per Enzo Ferrari, Hunt era l’esempio perfetto per spiegare la sua teoria della “parabola del pilota”: prima è affamato di vittoria e per raggiungere il suo obiettivo spende ogni energia e supera ogni limite, ma poi, distratto e logorato dalla fama, è costretto a ritirarsi. E infatti, dopo gli anni sfrenati e vincenti della Formula Uno, Hunt si ritirò nel 1979, dicendo che “nel mondo della F1 l’uomo non conta più!”.
In pochi conoscono la vita di James Hunt dopo il ritiro. Commentò i Gran Premi di Formula Uno sui canali della BBC fino al giorno della sua scomparsa, scontrandosi spesso contro il leggendario Murray Walker. Nel mentre si dedicò anche a tornei di beneficenza e ad una dura lotta contro l’apartheid. Più e più volte si rifiutò di partecipare al GP Sud Africano e cercò di imporre alla BBC di non mandare in onda le sue interviste. James, inoltre, finanziò di tasca propria diverse organizzazioni anti-apartheid. Pur mantenendo il suo modo di fare irriverente, non ha mai avuto paura di alzare la voce contro le ingiustizie.
La verità è che James Hunt è stato il più politico in un’epoca della Formula Uno dove di politica ce n'era poca, e la domenica era ancora fatta di velocità, rischio e poco altro. Ed è anche vero che, in qualche modo, si fece voler bene. Tanto che, una volta, che il gelido Niki Lauda arrivò a dire: “James mi manca tutti i giorni”.