C’è un iconografia di Maradona ben precisa. E la conosciamo tutti. È una galleria di immagini che a modo loro hanno fatto storia. Che ci ricordano momenti della nostra vita e della sua carriera. C’è il Maradona nel fango di Acerra, in una partita amatoriale – oggi impensabile - giocata per raccogliere fondi da destinare a un bambino malato. C’è il Diego spiritato che segna a USA 94, aggredisce con lo sguardo una telecamera e poche ore dopo viene squalificato. Efedrina. C’è il campione del mondo in carica che all’esordio a Italia 90 palleggia con un pallone gonfiabile a forma di mondo e c’è il numero dieci più famoso della storia che danza – riscaldandosi - prima di una finale europea sulle note di Live is life degli Opus. E poi c’è l’immagine che in un modo o nell’altra sancisce l’inizio di questa storia. Un’immagine bellissima, per quanto meno nota rispetto a quelle appena citate. Maradona è appena arrivato in Italia. Roba di ore. La foto in questione lo ritrae mentre sale le scalette che dalla pancia del San Paolo lo portano sul prato verde. C’è il pienone ad aspettarlo, si dice 70 mila persone. Dopo un atterraggio a Roma è arrivato allo stadio in macchina, in incognito. Una piccola, grande operazione di intelligence andata a buon fine. Ha dei pantaloni celesti, una maglietta bianca, un muro di fotografi lo aspetta in cima a quelle scale. Sembra avere uno sguardo smarrito, Maradona, ma in realtà è ben consapevole di dove si trovi. Sa tutto. Perfettamente. Varcato l’ultimo di quegli scalini la sua vita cambierà per sempre. Per lui e per una città intera. Palleggia, saluta, tira baci. Sembra felice. Lo è davvero.
Voglio diventare l’idolo dei bambini poveri di Napoli è la prima dichiarazione che fa da giocatore del Napoli. È il 5 luglio del 1984. Il Corriere della Sera in prima pagina parla di scioperi, sindacati e tensioni. Una pubblicità avverte il lettore che se vuole una Ford Fiesta può ottenerla spendendo meno di 7 mila lire al giorno. Un box più sotto segnala che i lavori a Milano 2 sono quasi conclusi. Se si è interessati ad aprire una bottega, un negozio di pellicce o un bar pasticceria con affaccio sul Palazzo dei Cigni è possibile chiedere maggiori dettagli. Quella sera su Canale 5 va in onda il Festivalbar condotto da Claudio Cecchetto e su Rai 1 c’è Lo chiamavano Bulldozer con Bud Spencer. A Napoli però è prevista tutta un’altra programmazione, interamente dedicata a Mister Tredici miliardi e mezzo. Si dice che andrà a vivere a Villa Chieffi, una casa da sogno a picco sul mare, un tempo residenza dei Savoia. Il tempo di arrivare in Italia, salutare i tifosi, fare le visite mediche e ripartire per le ferie e Maradona è già un Re. 12 ore scarse, forse l’incoronazione più veloce di sempre. Impossibile, in fondo, pensare che le cose potessero andare diversamente. Il primo gol arriverà due mesi e mezzo dopo: il 23 settembre. Un calcio di rigore contro la Sampdoria. Il primo degli 81 segnati in Serie A e dei 115 totali con la maglia del Napoli.
Se oggi possiamo parlare di una geografia maradoniana (c’è uno stadio, una via a Pompei, una piazza ai quartieri spagnoli, delle edicole votive, tanti murales) è perché c’è stata una Storia (la maiuscola è obbligatoria in questo caso) di Maradona a Napoli e con il Napoli. Una storia iniziata esattamente quarant’anni fa e mai realmente finita. Una storia che continua ogni giorno, che vive nelle storie Instagram, negli appuntamenti che ci si danno in città e nei ricordi. Nelle storie scritte e in quelle tramandate a voce che rasentano la leggenda. Quella volta che, Giuro gli ho offerto un caffè, Gli ho fatto un assist, anzi no lui lo ha fatto a me. Quarant’anni sono mezza vita. Qualcuno Maradona lo ha vissuto pienamente, qualcuno ne ha solo sentito parlare. Qualcuno oggi non c’è più, compreso il protagonista di questo racconto. Ma la storia di Maradona a Napoli è una storia di famiglia ed è quindi naturale che vita e morte si fondano. Le lacrime versate in queste quattro decadi sono state salate e prepotenti, come il mare che bagna Napoli che ci ricorda che il sapore della sofferenza e pure della gioia è salato allo stesso modo.
Noi di Mow abbiamo sentito su questo anniversario Marino Bartoletti, un decano del giornalismo sportivo (e non solo) italiano e grande amico di Maradona, tanto da inserirlo tra i personaggi del suo ultimo libro La partita degli dei (Gallucci). Non è stato difficile, scrivere di lui. Anzi direi che è stato molto facile. Ogni volta che parlo di Diego al di là della malinconia prevale il ricordo di un amico caro. Gli facciamo notare che nel suo libro Maradona è in paradiso e Bartoletti se la ride: E non ci vedo nessun errore. Con la sua arte ha reso felici milioni di persone, interi popoli. Dove dovrebbe stare? L’unico male che Maradona ha fatto in vita sua… è stato al massimo verso se stesso. Bartoletti ci tiene a ricordare che la sua amicizia con Maradona va ben oltre i 40 anni che si celebrano in questi giorni. L’ho conosciuto 46 anni fa, nel 1978 nel pre-ritiro della nazionale Argentina. Lui sperava di far parte della spedizione che poi vinse il mondiale, ma i colleghi più anziani non lo vollero. Probabilmente sapevano di avere buone possibilità di vittoria e decisero di non includere quel ragazzino non ancora maggiorenne, ma già incredibilmente talentuoso. Io potevo accedere a quel blindatissimo ritiro grazie al dottor Oliva che seguiva l'Argentina, ma esercitava la professione a Milano. Mi ritrovai a fraternizzare con questo ragazzino che di lì a poco sarebbe diventato per tutti semplicemente Maradona. Nacque così la nostra amicizia. Impossibile allora non domandarci che Serie A si trovava davanti Maradona in quel luglio del 1984. La risposta ce la dà ancora Bartoletti: una serie A fertile e proiettata verso il futuro. L’arrivo di Diego fece bene a tutto il sistema. Il Napoli scegliendo il migliore del mondo causò un effetto domino virtuoso nelle altre squadre. Fu in quei giorni che nacquero almeno idealmente il Milan degli olandesi o l’Inter dei tedeschi. Maradona fu un enzima straordinario per tutto il calcio italiano. E la storia che la Juve decise di non prenderlo? Una leggenda? Ho sentito tutte le campane su questa storia. Agnelli lo segnalò a Boniperti ma quest’ultimo disse: se non lo conosco io vuol dire che non è un grande calciatore. Ma credo che sia stato giusto così. Napoli era la città perfetta per lui…
Napoli, la città perfetta dove - nei 7 anni in cui Maradona ha vestito quella maglia azzurra – sono nati 515 Diego, 12 Diego Armando. Tutti con lo stesso nome, ma con differenti storie nel proprio destino. C’è stato anche un Diego Armando Maradona (di cognome Mollica) che oggi è il titolare di una rinomata pizzeria. Alla fine, non poteva che andare così.