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A Baku il vero eroe è Lewis Hamilton che, distrutto dal dolore, si rialza ancora: ecco l'immagine più forte di questa domenica

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

12 giugno 2022

A Baku il vero eroe è Lewis Hamilton che, distrutto dal dolore, si rialza ancora: ecco l'immagine più forte di questa domenica
Still I Rise, ancora mi rialzo, scritto a caratteri cubitali sulla schiena dolorante di un sette volte campione del mondo che esce a fatica dall'incastro della sua Mercedes. L'immagine di Lewis Hamilton, sofferente e stanco nel parco chiuso del post gara di Baku, è l'essenza stessa di questo pilota. E il vero significato di quel tatuaggio

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva, Lewis Hamilton. Avrebbe potuto ritirarsi alla fine del 2021, rabbioso e deluso dopo aver visto il suo ottavo titolo mondiale sfuggirgli dalle mani all'ultimo giro dell'ultima gara della stagione. Avrebbe potuto lasciarsi la Formula 1 alle spalle e chiudere la propria carriera con i record già conquistati, quelli che di diritto l'hanno reso il pilota più vincente della storia di questo sport. Avrebbe potuto dedicarsi alle passioni che, chissà con quale forza, in questi anni di grande lavoro in giro per il mondo è comunque riuscito a portare avanti: la moda, la musica, il cinema, l'impegno sociale per rendere il suo sport e il suo mondo un luogo più inclusivo e aperto. Avrebbe potuto fare tutto o non fare niente e sarebbe comunque rimasto Sir Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1.

Eppure quel britannico, arrivato nel mondo del motorsport grazie ai sacrifici di un padre disposto a fare tre lavori, ha deciso di restare. Di restare a giocarsi gare, qualifiche e mondiali con ventenni con tutto da dimostrare, a mettersi di nuovo in discussione con nuove regole, nuove monoposto e nuovo compagno di squadra.

Lewis Hamilton ha deciso di restare perché, scritto dentro di sé come a caratteri cubitali sulla sua schiena, c'è il motto che per una vita intera l'ha fatto andare avanti: Still I Rise, ancora mi rialzo.

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Una frase tatuata sulla schiena dolorante del sette volte campione del mondo che, a Baku, ci ha regalato l'immagine più forte di tutto il weekend. Inquadrato mentre cercava di alzarsi dalla propria Mercedes, dopo averla parcheggiata a fine gara nel parco chiuso del paddock, Hamilton è apparso affaticato. Così dolorante, per colpa del saltellamento estremo della sua W13, da non riuscire ad alzarsi e mettere i piedi fuori dalla monoposto.

Si è dovuto fermare, gobbo e piegato, prima di riuscire a fare anche solo un passo. La sua Mercedes non fa altro che saltare, vittima di un porpoising devastante evidentissimo a Baku più che altrove, e l'effetto sulla schiena del 37enne ha caricato sul suo corpo proprio nel momento in cui - a gara finita - ha cercato di alzarsi. Come se fino a quel momento Hamilton, seppur ben consapevole del dolore, avesse chiuso in angolo tutto pur di riuscire a concludere la gara. Arrivare ai piedi del podio, mostrarsi vicino al suo compagno di squadra, dimostrare a se stesso e a tutti gli altri che c'è, c'è ancora, e finché vorrà ci sarà sempre. 

Still I Rise, ancora mi rialzo. Così ha scritto sulla propria schiena, così ha dimostrato di saper fare decine e decine di volte in carriera. Su e giù dalle montagne russe di stagioni complicate, avversari diversi, problemi ed errori. Così, a Baku, ha detto e fatto ancora una volta. A 37 anni, come se quello con tutto da dimostrare fosse ancora, sempre, lui. 

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