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A Imola Luca Salvadori ha vinto il titolo del National Trophy, ma il punto è un altro: per chi resta non c’è solo il dolore

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

30 settembre 2024

A Imola Luca Salvadori ha vinto il titolo del National Trophy, ma il punto è un altro: per chi resta non c’è solo il dolore
Luca Salvadori è diventato campione per la seconda volta quest’anno. Succede a Imola, a quattro giorni dal suo funerale, un momento intenso e potente che ha detto tanto di lui e qualcosa di noi. Mentre passano i giorni, un po’ alla volta, da questa storia arriva qualcosa di buono, quasi un regalo

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Quattro gare, quattro vittorie. Luca Salvadori ha vinto, domenica, il titolo del National Trophy 1000, con un appuntamento d’anticipo, complice il ritiro di Filippo Rovelli e del Team Pistard e del decimo posto in gara di Alessandro Andreozzi. I colleghi scrivono campione postumo, una definizione che prova a mettere la normalità dove non potrà mai stare. Succeda a Imola, che è un circuito bellissimo e maledetto assieme, un luogo dove si continua a respirare quell’alone di tristezza che accompagna sempre le corse, il rovescio della medaglia dello sport fatto così, a motore. Imola è dedicata a Enzo e Dino Ferrari ed è il ricordo del figlio che se n’è andato prima del padre, Imola ha ucciso Ayrton Senna trent’anni fa e sepolto Fausto Gresini, a cui è stata dedicata la variante alta. Imola, quella della Piratella e delle Acque Minerali, bella come nessun’altra e spaventosa come un’ultima scelta, omaggia Luca Salvadori ricordandoci che non serve restare a lungo per vivere in eterno.

Gli algoritmi social, così attenti a tutto ciò che accade, fanno girare i video di Luca, vanno fortissimo l’intervista al padre Maurizio e la serie sulle corse su strada, ma pure gli omaggi dei fan, i reel sui social, addirittura le belle parole di Guido Meda al funerale che qualcuno ha ripreso, tagliato e ripubblicato. Probabilmente Luca si sarebbe fatto una bella risata: in tendenza anche dall’aldilà, provate a fare di meglio. Nel frattempo in redazione arrivano messaggi che chiedono dove sia sepolto, come fare per salutarlo in privato e prendersi un momento intimo con un ragazzo che in qualche modo era riuscito a farsi amare nel profondo, sul serio, anche attraverso uno schermo.

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È ancora l’ultimo giorno di settembre, la stagione delle corse si trascina verso i suoi epiloghi. Succede che cominci a pensare a cosa abbia lasciato questo ragazzo a noi che siamo qui. Luca era cresciuto. Dall’ombra del padre di cui era per tutti il figlio si è fatto più grande, al punto che quell’uomo forte, di spettacolo e motorsport, capace di vincere un mondiale Formula e organizzare il Jova Beach Party nello stesso anno, era diventato Salvadori senior, il padre di Luca. Era cresciuta anche la gente attorno a lui, che aveva cominciato a seguirlo per sapere quanto costa correre in moto e come si gira al Mugello sotto i due minuti per poi trovarsi con quell’amico a cui riesce tutto bene.

A chi resta non rimane solo il dolore, più in fondo c’è di più ed è tutta roba che conviene andarsi a prendere. Lo vedi, lo sai che in molti prenderanno in mano la vita come faceva lui: vado, ci provo, mi spingo più in là, faccio un tentativo. A chi resta, Luca ha dato un motivo per lottare e vedere le cose da una prospettiva diversa: nel National Trophy aveva cominciato a correre nel 2017 che era un pilota come tanti, tantissimi altri. Era arrivato a riempire i circuiti da solo, fino a spingere i propri avversari a non correre per omaggiarlo. Luca funzionava perché era vero e continuerà a funzionare ancora, con le cose che verranno adesso, perché continua ad essere potente e diretto ma, appunto, soprattutto vero. E questo esempio è un lascito enorme, un regalo bellissimo.

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