Padova, 15 settembre, il giorno dopo la morte in gara di Luca Salvadori un gruppo di motociclisti (anzi, "motociclisti") si ritrova - secondo quanto riferiscono le cronache locali - nella zona industriale della città per una gara clandestina. Già accostare il nome di Luca a una iniziativa del genere fa girare le palle a elica, ma il bello deve ancora venire: ovviamente un raduno di centinaia di moto non passa inosservato, si parla di circa 400 persone, così nel giro di poco interviene la polizia e forti del numero e di una stupidità abissale circondano e minacciano i poliziotti sgasando e suonando il clacson. Un uomo di 53 anni ha anche pensato bene di inveire contro gli agenti: "vi sparo con il fucile", forse credeva di essere in un b movie hollywoodiano.
I poliziotti non si sono lasciati intimidire, hanno disperso i motociclisti, fermato lo starter e segnalato una quarantina di persone. L'uomo che ha minacciato gli agenti è stato denunciato e successivamente nella perquisizione di casa sua sono state rinvenute delle armi, alcune regolarmente registrate e altre no.
Ovviamente questa iniziativa, velocemente pubblicizzata grazie ai social, non ha niente a che vedere con Luca o con quanti gli sono in qualunque modo vicini… anzi, a ben vedere, non ha niente da spartire neanche con quanto Luca comunicava: la passione per la moto. Accostare il nome di Luca a questo "evento" è stato evidentemente un modo per cavalcare l'onda emotiva di una notizia così tragica per amplificarne l'effetto e avere una maggiore partecipazione; insomma, un vero e proprio sciacallaggio social.
Altrimenti dovremmo pensare che qualcuno ha davvero ritenuto una buona idea commemorare un ragazzo deceduto in una corsa su strada con una gara clandestina… un controsenso talmente stridente che preferiamo considerare la strada della malafede.
Leggere notizie del genere intristisce e fa inc*zzare da matti, soprattutto chi vive la passione per le moto come faceva Luca: con cuore e cervello al loro posto.
Parafrasando una famosa affermazione potremo dire che "c'è chi è motociclista perché va in moto e chi va in moto perché è motociclista", a Padova si sono ritrovati i "motociclisti" del primo tipo. Correre in moto è bello, bellissimo, un'esperienza tanto coinvolgente che è difficile da spiegare a chi non l'ha provata e che non lascia indifferenti: o si ama o si odia. Ma chiunque abbia provato l'emozione di una pista (e abbia superato lo sviluppo mentale di un australopiteco) capisce cosa vuol dire "correre" su strada e la passione con cui Luca raccontava tutto questo lo dimostrava continuamente. Luca Salvadori era un grande pilota, uno youtuber bravissimo, un ragazzo meraviglioso: speriamo di non vedere più il suo nome associato a str*nzate come quella di Padova. Non se lo merita, né lui, né noi che viviamo la sua stessa passione.