“Dopo trenta ore tra aerei e aeroporti mangio qualcosa e poi ci sentiamo” – Emilio Bastianini ci sa fare con la gente. Sarà che per una vita ha girato i mercati di mezza Romagna con la sua bancarella e ha imparato a fare i conti con le richieste, sorridendo e accontentando anche quando avrebbe tutto il diritto di mandare a quel paese. Una richiesta, poco prima, gliel’avevamo fatta anche noi, con un messaggio in cui chiedevamo di poter scambiare due parole dopo la vittoria di Enea a Misano. “Siamo a Giacarta in attesa dell’ultimo volo, appena atterriamo a Lombok mi faccio sentire” – era stata la risposta. Di quelle che suonano di “la chiameremo noi” ai colloqui di lavoro. E invece no: perché poche ore più tardi si è fatto vivo davvero, dicendo, appunto, che avremmo potuto fare la chiacchierata richiesta dopo aver messo qualcosa sotto i denti. Gentilezza e semplicità. Quasi spiazzante. Dalla fine della scorsa stagione Emilio Bastianini segue Enea, non più solo come padre, ma proprio come assistente, ma già all’inizio della chiacchierata, rispondendo alla prima domanda su cosa avesse provato nel vedere suo figlio tagliare per primo il traguardo del GP dell’Emilia Romagna, regala un insegnamento: assistente è qualcosa che fai, padre, invece, è qualcosa che sei. All’essere padre ci pensi sempre.
“E’ chiaro che ho provato una gioia immensa – ci ha detto – E’ stata un’esplosione di felicità perché è vero che Enea ha già vinto altre volte in MotoGP, ma a casa, proprio a Misano, ha un sapore incredibile. Però devo dire che è durato un istante, perché m’è venuto da pensare come un lampo a un altro padre di un figlio e pilota che correva con il 23 e m’è venuto un gran magone. Non conoscevo Luca Salvadori e neanche suo padre se non per le cose che facevano e per il nome che hanno nel motorsport, ma in quel momento lì è come se l’intreccio di un numero avesse voluto ricordarmi che esiste la felicità incontenibile e esiste il dolore insostenibile. Ecco, prima di dire qualunque cosa e di rispondere a quello che vorrai chiedermi, ci tengo a mandare un abbraccio da padre a padre a Maurizio Salvadori. Un abbraccio che è a lui, ma anche a tutta la famiglia di Luca”.
Quello che è successo a Salvadori è stato un pugno violentissimo sullo stomaco di tutti, anche di molti piloti della MotoGP con cui era particolarmente amico. Enea come ha preso la notizia?
In silenzio. Non ha detto molto. Credo che un pilota sia perfettamente consapevole di quello che può succedere correndo in moto, ma che accetti tutto cercando di non pensarci o di concentrarsi su quanta vita regala, piuttosto, il rincorrere il proprio sogno di velocità. Si conoscevano, anche se non credo si frequentassero particolarmente, e anche nelle interviste, domenica sera, gli ha dedicato la vittoria, oltre al bacio alla moto, proprio lì dove era l'adesivo che i piloti Ducati hanno portato in pista. Insieme eravamo stati anche al minuto di silenzio osservato in circuito durante il fine settimana di gara. In verità Enea aveva anche pensato, visto che anche lui corre con il 23, di far realizzare il suo numero con lo stesso font e la stessa grafica di quello di Salvadori, come omaggio al ragazzo e al pilota. Ma non c’è stato il tempo di farlo per non so quale tipo di problema e alla fine è stato lo stesso Enea a dire che il fatto che non si riusciva a fare in tempo era il segnale che non era da fare. I piloti sono così: guardano tanto i segni e davanti al dolore scelgono il silenzio o meno parole possibili. Non è superficialità, ma rispetto, quasi un codice tutto loro.
Il segno che conta più di tutti è che quel 23 ha vinto…
Sì, ha vinto. E proprio a Misano, nella nostra Romagna
Con un sorpasso di cui ancora si discute…
Non è finito neanche sotto investigazione, penso che questo basti a sostenere che quel sorpasso è stato sicuramente aggressivo, ma altrettanto sicuramente regolare.
Quanto vale questa vittoria?
Tanto come ogni vittoria, ma forse anche qualcosina in più. Il 2023 è stato un anno tremendo, con gli infortuni e nove gare saltate. Nove gare sono tante davvero. E’ come se non ci sei per una stagione intera e quella era la sua prima stagione nel team ufficiale. Ha sofferto, ha lavorato come un matto per mettersi a posto fisicamente, non ha mai smesso di crederci e ogni giorno Enea ha conquistato un pezzetto. Io sono con lui ogni giorno, ma questo possono confermarlo anche gli uomini di Ducati e chiunque ha a che fare con Enea, non c’è stato fine settimana in cui non fosse evidente il progresso. La conquista fatta. C’è voluto tempo, ma adesso è vicinissimo davvero a Pecco e Martin e qualche volte riesce anche a batterli. Ci ha creduto da matti e la vittoria di Misano è stata, a mio avviso, la prova pubblica che il 2023 è definitivamente alle spalle.
Però a fine stagione dovrà salutare la sua Desmosedici…
E’ lo sport, sono le corse. Un po’ dispiace e anche domenica sera ci pensavo: proprio adesso! Però è così e va bene così. Lo vedo entusiasta dell’avventura che affronterà dal prossimo anno con KTM e lo vedo determinatissimo a togliersi tutte le soddisfazioni possibili nel tempo che resterà con Ducati. Il rapporto con Borgo Panigale è bellissimo e non ti dico quello con gli uomini della sua squadra.
C’è qualcosa che ti preoccupa per il 2025?
Preoccupa direi di no. Però l’anno scorso, perdendo nove gare, al di là della sofferenza fisica e della necessità di ritrovare la migliore condizione, il problema vero è stato quello di non riuscire a conoscersi alla perfezione con la squadra. E’ come se quest’anno avessero ricominciato tutto da capo. Quindi è chiaro che il pensiero su come sarà ricominciare di nuovo un po’ ce l’ho. Però, lo ripeto, non è preoccupazione e meno che mai paura.
Dispiacere?
Un po’ dispiace, è chiaro. Non solo perché adesso stanno arrivando i risultati: c’è un bellissimo rapporto con Ducati e, come ha detto anche Claudio Domenicali, magari è un arrivederci. Lo sport è così e comunque Enea è contentissimo della nuova avventura con KTM. L’ha voluta e c’è entusiasmo. Il fatto che poi in KTM ritroverà Alberto Giribuola, “pigiamino”, credo sia come un pezzo di lavoro già fatto: un iniziare più avanti.
Invece come è essere sia papà che assistente?
Faticoso, ma entusiasmante. Sono contentissimo, anche se le cose da fare sono tante. Non pensavo che l’assistente di un pilota avesse così tanto lavoro da sbrigare. Io comunque cerco di essere più professionale possibile e devo dire che mi trovo bene, mi piace fare questo mestiere e magari, al di là di Enea, potevo pensarci prima (ride, ndr). Quanto ai ruoli che ti devo dire? Fino a che tutto va bene o quando non c’è niente da dire per Enea sono un ottimo assistente, quando c’è qualcosa che non va o una giornata storta non sono più un dipendente, ma un padre da mandare a quel paese (ride ancora, ndr).
Ti ci manda spesso?
Spessissimo, ma va bene così. Prendersi i vaffa fa parte del ruolo di genitore e magari pure di quello di assistente, in ogni caso Enea non è di certo un figlio di cui lamentarsi. Ha inseguito un sogno per tutta la vita (Emilio ci aveva già raccontato la loro storia pazzesca) e se l’è andato a prendere, noi l’abbiamo solo aiutato.
Hai parlato prima dell’ambiente da creare nel box e quanto Enea sia legato alla sua famiglia è noto. E’ uno da cerchio di affetto intorno?
Credo lo siano tutti. Chi di noi non ha bisogno di affetto intorno? Però sì, per Enea i rapporti umani contano tantissimo e le persone diventano riferimento costante, prima ancora di dati, numeri, analisi tecniche, preparazione fisica e tutto quello che serve a un pilota per andare forte.
Quanto crede lui di poter vincere questo mondiale? E quanto ci credi tu come padre e assistente?
Io ci credo come padre perché so quanto vale Enea e quali capacità ha. Come assistente, invece, ci crederò fino a quando la matematica non dirà il contrario. Lui, invece, non è che non ci crede, ma secondo me non ci pensa proprio. Nel senso che non sta lì a fare conti o calcoli, ma è consapevole di potersela giocare, anche se di punti lasciati per strada quest’anno ce ne sono stati parecchi. Non c’è rammarico, ma nemmeno l’affanno di mettersi lì a studiare rimonte. Affronta ogni fine settimana di gara come fosse unico e con l’obiettivo di portare a casa sempre il miglior risultato possibile. Quello che succederà alla fine lo vedrà alla fine. E’ con questo spirito che è arrivato a Misano e è con questo spirito che siamo appena atterrati a Lombok.