Ai miei tempi i commissari di gara si sarebbero girati dall’altra parte mangiando un panino. L’ha detto Max Biaggi, in cabina di commento a Sky, parlando del sorpasso di Enea Bastianini su Jorge Martin all’ultimo giro del GP dell’Emilia Romagna. L’italiano della Ducati non è finito neanche sotto investigazione, mentre tra gli stessi piloti (e quindi figuriamoci tra gli appassionati) il dibattito s’è fatto caldo sull’opportunità di punire o no Bastianini, con tanto di mezza rissa sfiorata in sala stampa. In pochi, però, hanno detto che se anche Bastianini fosse stato sanzionato, probabilmente avrebbe preso tre secondi sul tempo totale di gara, con Martin che invece è arrivato con oltre cinque di gap. Perché? Perché nel frattempo il pilota spagnolo s’è messo a gesticolare, passando sotto la bandiera a scacchi facendo il gesto dell’ombrello. Coloroato, pittoresco e, tutto sommato, pure divertente, con Martin che poi, nel retropodio e proprio davanti a Bastianini, ha provato a giustificare quel gesto. Nessuno s’è arrabbiato. Ci sta e va bene così.
Solo che tra i soliti moralizzatori tutto è sempre da analizzare e contro analizzare. E sui social non è difficile, oggi, trovare commenti di chi fa presente che nelle corse di oggi – dentro un mondo in cu non si può dire e fare niente – ora quello da punire dovrebbe essere Martin. Quasi tutti portano l’esempio di quello che è accaduto nello stesso fine settimana a Cremona, quando durante le prove del round italiano della Superbike Danilo Petrucci s’è ritrovato penalizzato di tre posizioni in griglia per aver alzato il dito medio sulla visiera di Remy Gardner, che lo aveva ostacolato nell’attacco al tempo. Classico “vaffa” da piloti, ma mano pensante di chi giudica e che, probabilmente, s’è dimenticato quello che i piloti sentono. Vivono. Provano. Mentre spingono a quelle velocità e provano a migliorarsi. E così finisce che quei “eh ma a Petrucci” diventano un tema che in altri tempi, proprio come ha detto Biaggi per il sorpasso di Bastianini, non sarebbe neanche stato preso in considerazione.
Le corse in moto, anche se ormai la mano che tira i fili sarà la stessa, non sono la Formula 1. E non è neanche così scontato che tutto quello che si fa in Formula 1 sia perfettamente corretto e debba fare giurisprudenza in ogni altra disciplina del Motorsport. Non ha senso neanche stare a ricordare che Max Verstappen, solo per aver usato un linguaggio un po’ colorato in conferenza stampa, s’è ritrovato multato. Anche perché il risultato è che il campionissimo della F1, adesso, risponde a monosillabi a tutte le interviste, un po’ per provocare e un po’ per evitare di “cadere di nuovo nell’errore”.
Le corse in moto sono nervi e muscoli, istinto e concentrazione oltre il limite dell’umano e un pilota che si “incazza” per aver perso la vetta a causa di un sorpasso aggressivo a poche curve dalla fine deve e può avere il sacrosanto diritto di lasciarsi andare a un gesto che, in fondo, ha strappato un sorriso a tutti. Anche allo stesso Bastianini, a cui probabilmente era rivolto. E’ sacrosanto chiedere ai piloti correttezza, ma è altrettanto sacrosanto ricordarsi che non sono scimmie addestrate solo a andare forte e meno che mai pappagalli a cui è stato insegnato solo il vocabolario del politicamente corretto. Nessuno rimpiange le vecchie scazzottate dei tempi di Chili e Fogarty o dello stesso Max Biaggi con Valentino Rossi, ma togliere tre posizioni in griglia a un pilota che ha alzato il dito medio o invocare penalità a Jorge Martin per il gesto dell’ombrello significa chiedere alla MotoGP di andare nella stessa direzione, che poi è una deriva, della Formula 1. E l’atteggiamento tenuto da Verstappen nell’ultima conferenza stampa dovrebbe suonare da alert per tutti.Poi non si dica che manca lo spettacolo e mancano i personaggi.