“Scusa eh, ma ti richiamo io tra poco perché sono con il cane di Enea e quando ci sono altri cani è un po’ difficile da gestire e non riesco a stare anche al telefono” – E’ l’esordio esatto della telefonata con Emilio Bastianini, il babbo di Enea. E’ l’altro padre d’Italia, insieme a Pietro Bagnaia, a cui abbiamo rotto le scatole in occasione della Festa del Papa. Un esordio incasinato, insomma, e un po’ confuso. Tanto da fare pure un pensiero malizioso: ‘eccolo là, questo, sentendo che si trattava di MOW, ha trovato una scusa per interrompere la telefonata. Non richiamerà e sarà inutile pure provare a insistere’. Invece neanche il tempo di finire di malignare che il telefono squilla, con Emilio Bastianini che, di fatto, ci offre la prima lezione d’umanità senza aver neanche aperto ancora bocca.
Come va con il cane, scampati a un combattimento?
Ma no, è che vuole giocare. Siamo a fare una passeggiata in spiaggia, ma quando vede altri cani gli si butta subito addosso per bagarrare. E’ tipo i piloti quando vedono altri piloti. Non è aggressivo, anzi è un tesoro, però è un po’ difficile da gestire e se oltre al guinzaglio tengo pure il telefono mi trascina via.
La trascina via? Ma Enea non ha un bulldog francese o comunque un cane di taglia piuttosto piccola?
Eh no, Enea ha anche un alano. E’ una femmina, è con noi da sette anni e è rimasta in casa con noi dopo che Enea è andato a vivere con la Alice. Siamo felicissimi che sia rimasta con noi, è buona, ma è un alano, appunto, e c’è da tenerla perché quando parte servono braccia salde…
Le ricorda qualcuno? Uno che se parte poi lo fermi male…
Eh già. Però anche Enea è un tranquillone di natura. E’ uno, come disse il suo meccanico, pane e salame. Poi quando sale in moto si trasforma, ma pure di lui non si può mica dire che sia aggressivo, dai!
Che rapporto avete?
Un normalissimo rapporto padre e figlio. Non è che stiamo sempre appiccicati, ma non abbiamo neanche mai litigato di brutto. Sì, mi piace il rapporto che abbiamo. Ultimamente pensa più alla Alice che a noi genitori (ride, ndr) mami pare la cosa più normale e pure più giusta del mondo, no?
Starete insieme per questa Festa del Papà?
Mica te lo so dire ancora. Lui ha sempre mille impegni, di sicuro si farà sentire come ha fatto sempre. Poi se capiterà anche di vedersi ben sia, altrimenti non è che mancherà occasione. E’ vero che viviamo a pochi chilometri, ma non è sempre facile vedersi
Male che andrà lo farete a Portimao, nel prossimo fine settimana…
In verità io avevo deciso di non andare. Però mica lo so se ce la faccio a non andarci. E poi non mi sembra ancora vero che Enea guida una Ducati ufficiale, più ci penso e meno ci credo, e quindi alla fine penso che andrò a Portimao per assicurarmi che è lui davvero che sale sulla Desmosedici tutta rossa…
Stiamo romanzando un po’?
No no, non la romanzo per niente. E’ che non mi sembra vero sul serio che sia arrivato fin lì!
Ma questo significa anche che non credeva abbastanza in suo figlio?
Più di tutti ci ha creduto Enea, ma fidati che c’ho creduto di brutto pure io. Anzi, devo dire noi, perché è di tutta la famiglia che parliamo. Non è che non credevamo nel talento, ma non credevamo che sarebbe potuto davvero succedere. Vedi, è vero che la Romagna è la terra dei motori e delle opportunità per chi vuole provarci con il motorsport, ma io sono un ambulante, vendo intimo e intimo tecnico e una bancarella ti permette di tirare avanti dignitosamente una famiglia, non certo di far correre un figlio. Sappiamo noi quello che abbiamo dovuto fare…
Vogliamo saperlo pure noi…
Alla fine è la storia di tutti, non è che noi abbiamo fatto di più. Però i sacrifici sono stati tanti, tanti davvero e a volte, appunto, si finiva per pensare che non saremmo riusciti. Non so se sei un padre anche tu, ma andare a letto pensando che dovrai dire a tuo figlio di smettere di sognare ti fa dormire molto più male di quando, invece, vai a letto sapendo che la mattina successiva devi andare a bussare alla porta di chiunque, amici e meno amici, per trovare gli sponsor per permettergli di correre la domenica successiva. Io ho scelto di andare a bussare e fare in modo che quegli occhi, quella passione che gli vedi negli occhi e tutta quella voglia di correre, non si spegnessero. Però oh, ce l’abbiamo fatta, anche se non so veramente come. Non significa che Enea è arrivato, perché nessun pilota si sentirà mai arrivato e anche se vinci un mondiale ne vuoi ancora, però, almeno da quel punto di vista, non ci chiediamo più se riusciremo a fargli fare la gara successiva
Siamo già all’oggi e invece l’inizio come è stato?
Era piccolissimo e con la mamma ci eravamo accorti che anche solo il suono di una moto lo mandava fuori di testa. Io di moto non so mica niente, non sono di quei padri che c’avevano provato a loro volta o che hanno esperienze con le corse alle spalle. Ricordo che quando eravamo in macchina, con Enea sul seggiolino, se si affiancava una moto era la fine. Sembrava un’anguilla e in qualche modo riusciva a liberarsi, divincolandosi o slacciandosi proprio, per appiccicarsi al vetro e guardarla. Poi, quando aveva tre anni e tre mesi, lo portai con me da un ricambista perché dovevo comprare un pezzo che si era rotto sullo scooter di mia moglie e lì, in bella mostra, c’era una minimoto. C’è salito sopra e per farlo scendere e riportarlo a casa non so che c’è voluto… Non era una roba umana!
Poi?
Con la mamma ci divertiva questa cosa che impazziva per le moto, lo vedevi proprio che andava fuori di testa nonostante fosse così piccolo, e quel negoziante, quella volta, mi disse che a Cattolica si potevano noleggiare e che, avvisando, te le facevano trovare anche con le rotelline, perché a tre anni e tre mesi Enea non si reggeva mica sulle sole due ruote. Un pomeriggio siamo andati e lì è iniziato il suo sogno…e il mio incubo…
Si percepisce che è stata dura…
Perché è stata dura davvero. Ripeto, io sono un ambulante, non ci manca niente, ma non è che ci avanzi per togliersi qualsiasi capriccio e quindi c’è voluto l’aiuto di un sacco di gente. E io non volevo che Enea sentisse quel peso, per me doveva divertirsi e basta e mantenere quella potenza lì dentro gli occhi che aveva quando era sulle moto. Il resto lo hanno fatto il talento e la sua determinazione. Penso che tanti ragazzini finiscono con il perdere la voglia perché si pretende da loro che siano piloti navigati e vincenti, quando in realtà sono solo bambini che hanno solo il sacrosanto diritto di giocare e divertirsi, seguendo una passione grande per una cosa che, purtroppo, costa cara. Certo, gli fosse piaciuto il pallone sarei andato a dormire più sereno per parecchi anni, ma va bene così. Ci mancherebbe. Anche perché alla fine penso che tutti i genitori che aiutano un figlio a inseguire un grande sogno e una grande passione, al di là dei soldi, non vadano a dormire tranquillissimi. Ti scatta quel senso di responsabilità che ti fa dire ‘io lo sto aiutando mentre sta indirizzando la sua vita in una sola direzione, ma se non ce la fa?’
E’ qualcosa che ci ha detto anche Pietro Bagnaia, il babbo di Pecco…
Con Pietro ci conosciamo dai tempi delle minimoto appunto, gran bella famiglia unita e affiatata i Bagnaia. E’ quello che ti direbbero i familiari di qualsiasi sportivo. Poi, certo, se guardiamo solo il lato economico per qualcuno sarà stato più facile, perché magari venivano da realtà più agiate o perché lo sport praticato dai figli non è di quelli che richiedono grosse cifre, e per altri più difficile. Ma non ci sono solo i soldi, ci si mescolano mille altri pensieri.
E adesso?
I pensieri ci sono pure adesso. Però ci stanno anche tante gioie. Qualche sera fa mi chiedevo se io, con il mio lavoro, sarei mai riuscito a regalare una Ducati a mio figlio. E ho riso all’idea se l’è procurata da solo e non una Ducati qualsiasi, ma la migliore delle Ducati, che poi è anche la migliore delle motociclette in assoluto, diciamocelo chiaramente. Un po’ questa cosa mi ha commosso. Te l’ho detto: andrò a Portimao perché voglio essere sicuro che quello che sale sopra alla Desmosedici è proprio Enea.
Ci sono stati momenti, anche dopo l’arrivo nel motomondiale, in cui la carriera di Enea è sembrata in discussione?
Forse uno, ai tempi dell’Estrella Galicia. Lì sono successe un po’ di cose di quelle che non dovrebbero succedere nello sport
Si diceva che anche Enea ci avesse messo del suo…
Io sono il babbo, che ti devo dire? Di sicuro non è mai stato vero che si era un po’ montato la testa. Chi ha avuto a che fare con Enea e chi lo conosce bene può dirti senza ombra di dubbio che non è proprio il tipo e non lo era nemmeno quando era più giovane. Non sa neanche che significa montarsi la testa, lui vuole correre e vincere. E basta.
La famiglia Bastianini vive a pochi chilometri da Tavullia, come mai Enea non è mai entrato nel giro di Valentino Rossi?
Non è successo. All’inizio non ci sono stati contatti, poi ai tempi della Moto3 un qualche ammiccamento c’è anche stato, ma Enea era nell’orbita di Fausto Gresini e quindi è andata così. Con i piloti della VR46 si conoscono bene, con alcuni è anche molto amico, Valentino è uno dei suoi idoli, ma le strade sono state differenti. Tutto qua. Si vede che era destino che l’uomo chiave nella carriera di Enea fosse Fausto Gresini. Di padre ce ne è uno solo e rivendico il ruolo, ma mica faccio fatica a dirti che, per l’Enea pilota, Fausto è stato come un padre. Quando si sono lasciati la prima volta hanno litigato e nessuno dei due lo ha mai nascosto, ma dopo poche settimane avevano già fatto pace e erano ritornati al loro vecchio rapporto. Tanto che Fausto gli diceva sempre che un giorno avrebbe corso con lui in MotoGP. Il giorno in cui Enea ha vinto il mondiale di Moto2 uno dei primissimi abbracci è stato proprio con Fausto. E due stagioni dopo correva per la Gresini Racing. Fausto c’era, hai voglia se c’era, anche se non c’era più!
L’altra figura chiave nella carriera di Enea è Carlo Pernat. Come ci avete pensato?
E’ stata un’intuizione della mamma. Nelle varie interviste, Carletto parlava sempre molto bene di Enea, anche quando le cose non giravano affatto. Si capiva che spendeva parole che pensava davvero e una volta disse che a suo avviso Enea sarebbe tranquillamente potuto arrivare in MotoGP. Così mia moglie ha detto ‘chiamiamolo’. E l’abbiamo chiamato. E’ nato subito qualcosa. Carlo scherza sempre, magari non lo dice, ma veniva dal dolore atroce per la perdita di Marco Simoncelli e probabilmente, sotto sotto, non voleva saperne più niente. Era rimasto nel giro, ma sembrava averci messo una pietra sopra, o comunque sembrava cercare qualcosa che gli facesse sentire anche un potenziale umano oltre il mero talento del pilota. Con il Sic aveva un rapporto speciale e probabilmente Carlo non se la sentiva di rimettersi a fare il manager normale di un pilota, serviva pure quel qualcosa di più sul piano emotivo e dell’affetto che forse ha trovato in Enea.
Prima ci hai parlato dei Bagnaia, come sarà secondo te il rapporto con Pecco?
Diverso da quello che voi giornalisti sognate! Certo, vogliono la stessa cosa, che è vincere. Ma quelli che sperano di vederli coi coltelli fra i denti, pronti a negarsi il saluto, a sbattersi fuori a ogni curva o a prendersi a cazzotti nei box resteranno sicuramente delusi. Si conoscono da una vita, si vogliono bene, si stimano e sono entrambi perfettamente consapevoli, così come lo sono tutti i piloti, che a vincere è sempre e solo uno e quindi faranno in modo che non sia l’altro.
Anche in questo la risposta è molto simile a quella di Pietro Bagnaia…
Certo, è una questione di buon senso. Da padre, tutta questa cosa che si cerca di montare su una rivalità che di fatto non c’è, o che se c’è è solo e esclusivamente sportiva, mica mi piace. In altre nazioni non vogliono il sangue per forza, questo è un vizio un po’ italiano, degli appassionati italiani o forse dei giornalisti italiani. Enea, ad esempio, è uno che nel corpo a corpo non si tira mai indietro, ma io, a parte una volta con Canet quando erano praticamente bambini, mica l’ho mai visto prendersi male con qualcuno dei suoi avversari.
I piloti sono cambiati e è il modo di stereotiparli, quindi, che non cambia?
Forse sì. E penso sia pure una roba diseducativa, perché comunque è di sport che stiamo parlando e di ragazzi, non solo Enea e Pecco, che invece hanno sì raggiunto il massimo nella loro disciplina, ma lo hanno fatto mettendo intorno al loro talento anche tanto lavoro, tanto impegno, tanta ostinazione, insieme alle loro famiglie. Magari è questo che andrebbe raccontato, invece di rivalità che in quei termini lì non esistono più da un pezzo.