Il Ricardo Tormo di Valencia é un circuito piccolo, forse uno tra i più corti del motomondiale. Ma é anche un circuito che ha una caratteristica ormai più unica che rara: non vedi qualche curva, vedi praticamente tutto. Perché sta affossato come una arena e, a parte qualche brevissimo tratto cieco, da qualsiasi tribuna scorgi ogni curva. Così, mentre quell'odore inconfondibile di gomma e di benzina che bruciano comincia a diradarsi, mentre il suono resta quello della gente che parlotta tra le qualifiche della Moto3 e il ritorno tra i cordoli della MotoGP, si finisce per andare a scavare tra i ricordi. E, magari, rivalutare i fatti del passato, sotto una chiave nuova. Una premessa doverosa per spiegare perché nel 2021, proprio nel sabato dell'ultima di Vale sulle tribune di Valencia, si debba finire a parlare di Jorge Lorenzo. Uno che qui, in questa conca che evoca la fossa dei gladiatori, s'è messo in bacheca il trofeo più contestato e discusso della storia recente della MotoGP: il mondiale 2015. Quello che doveva essere il decimo di Valentino Rossi, quello del chiacchierato complotto, quello del calcio vero o presunto. Quello, per capirci, in cui Marc Marquez, volendolo o non volendolo, s'é ritrovato a giocare anche quando non aveva niente da giocarsi.
É storia quella lì, come é storia quanto accaduto poi a Sepang e come é storia la penalità combinata a Valentino Rossi. Che qui a Valencia dovette partire ultimo. Come in un'inversione di gloria: dietro a tutti e con una impresa impossibile da portare a termine. Impossibile, peró, ce la definisci finché al Ricardo Tormo non ci vai davvero, fino a che non ti rendi conto di cosa dev'essere stato qui quel giorno. Perché, come giá detto, qui la pista la vedi tutta e in quel novembre del 2015 tutti hanno visto l'incredibile sequela di sorpassi, più o meno difficili, più o meno agevolati, che il Dottore riuscì a fare. Ma che c entra Jorge Lorenzo? C'entra perché in un posto così, dove ancora oggi basta che Valentino Rossi alzi un braccio in qualsiasi punto della pista per far scattare l'esultanza e far letteralmente tremare la terra, Jorge Lorenzo aveva il dovere di non sbagliare. Mentre Vale risaliva, accompagnato da una bolgia che solo oggi é minimamente immaginabile. E la terra che tremava a ogni sorpasso del Dottore, probabilmente, la sentiva anche Jorge. Non dev'essere stato facile mettersi davanti e restarci, sentire che a ogni giro Vale si faceva più vicino e nello stesso tempo avere la consapevolezza che non sarebbe mai stato abbastanza vicino se non per un errore proprio. Un errore che Jorge Lorenzo non ha commesso, filando pulito con quello stile lì che aveva lui, in barba a biscotti, veri o presunti anche questi, che comunque sono tutt'altro che una pappa pronta.