Non è mancato nulla al venerdì di Austin. C'è stata la pista completamente bagnata al mattino, quando Franco Morbidelli si è messo tutto il gruppone della MotoGP alle spalle. C'è stato Jorge Martín, presente nel box Aprilia per stare vicino alla squadra e tornare a respirare l'aria delle corse (se tutto va secondo i piani, dovrebbe ritornare in sella tra due settimane in Qatar), che ha dichiarato a Sky come l'incidente in supermotard di un mesetto fa sia stato di gran lunga il peggiore della sua vita, più brutto di quello patito a Portimao nel 2021, perché in questa occasione si è rotto una decina di ossa tra cui lo scafoide, che ha tempi di guarigione più lunghi di una clavicola o di un polso, fratture classiche del motociclista. Non è scarseggiata la polemica, la stilettata, con Gigi Dall'Igna che si è tolto una bella pietra dalla scarpa e l'ha fatta civilmente scivolare in direzione di Massimo Rivola (ne abbiamo parlato approfonditamente qui). E poi c'è stata la pista chiazzata, umida, dove è emerso Jack Miller con la sua Yamaha Pramac, un paio di gomme slick e ingenti dosi di coraggio. L'australiano ha spalancato la strada a tutti gli altri, che negli ultimi venti minuti delle Prequalifiche hanno assaltato il cronometro girando su un binario sottilissimo di pista asciutta, indossando pneumatici morbidi all'anteriore e al posteriore per ricevere nelle mani grip extra e per assorbire meglio i bump che frastagliano l'asfalto del COTA.
A questo venerdì texano non è mancato niente soprattutto perché alla fine, davanti a tutti, c'è sempre Marc Marquez: 2'02"929 il miglior tempo firmato al termine di uno stint in cui, appena gli avversari riducevano il gap a circa mezzo secondo, lui si sentiva in dovere di ribattere e proclamarsi inavvicinabile. È di 736 millesimi - sette decimi abbondanti, un'eternità nello sport più sfuggente sulla faccia del pianeta - il distacco che separa il 93 dal secondo classificato, un Fabio Di Giannantonio che è stato alla larga dai rischi nella sessione fradicia del mattino per aggiudicarsi il titolo di primo degli altri nel momento che più contava, quello in cui bisognava strappare una qualificazione diretta al Q2, che si disputerà domani alle 17 italiane. Ha rischiato di non farcela il suo compagno di squadra, Franco Morbidelli, che arrivava sempre al terzo intertempo con distacchi ottimi ma che alla fine - per una bandiera gialla, per un errore, o per un inconveniente tecnico - non riusciva a concretizzare: a quattro minuti dalla bandiera a scacchi è entrato in pitlane, il Team VR46 gli ha montato una media all'anteriore (l'unico ad utilizzarla) e gli ha sgonfiato l'airbag della tuta (esploso improvvisamente in fase di staccata di curva 13), a due minuti sporchi dal gong è tornato in pista e, con un solo tentativo a disposizione, si è piazzato terzo ad un decimo dal Diggia.
Dopodiché, Alex Marquez - quarto a otto decimi dal fratello - si è confermato certezza di questa MotoGP 2025. Ha preceduto il compagno di squadra, quel Fermin Aldeguer che già in Argentina aveva saettato segnali interessanti e che in Texas sembra voler ambire ad uno step ulteriore. Sesto un Jack Miller che è stato assoluto protagonista di una giornata in cui ha sempre fatto brillare la Yamaha viola di Paolo Campinoti tra le prime posizioni e, quindi, anche tra un mare di Ducati. La classifica passa quindi dal pilota più esperto della griglia all'ex rookie maravilla, con Pedro Acosta - settimo ad un secondo abbondante da Marquez - che ha nuovamente tenuto dritta la barra della KTM. In sella alla stessa RC16, Maverick Vinales ha mostrato i primi incoraggianti cenni di un binomio nato nel momento peggiore della storia: chissà che non si possa ricominciare da questo ottavo tempo nelle Prequalifiche di Asutin (dove Bat Mav dodici mesi fa dominava con l'Aprilia) per invertire il copione. La prima Honda questa volta non è stata quella di Johann Zarco (stranamente ventesimo), ma l'esemplare ufficiale guidato da Joan Mir, nono davanti a Pecco Bagnaia.
Qui veniamo al dunque: Pecco ha chiuso ad un secondo e messo di distacco da Marquez, dicitura che fa inevitabilmente impressione sul lettore. Eppure fino al verdetto finale di un time attack che ha rapidamente cambiato faccia negli ultimi istanti, Bagnaia non era andato male. Si era difeso sul bagnato, si era mostrato reattivo sull'umido e si stava mostrando anche abbastanza in forma sull'asciutto, ma sotto alla bandiera a scacchi (con asfalto in continua evoluzione) lui è passato senza migliorare la sua prestazione, mentre Marquez toglieva sette decimi ad un riferimento che già di per sé era assoluto. Le attenuanti ci sono: girare su una Austin umida è come elevare a potenza le possibilità di dominio di Marc sull'asfalto che leggendariamente pende a suo favore. Detto questo, rispetto al compagno di squadra Pecco ha riscontrato una fatica estrema a portare alla corda delle curve la Desmosedici GP25 (per lui dotata di un forcellone versione 2024).
Infine sono nomi grossi quelli che sabato, ore sedici e quarantacinque in Italia, si giocheranno la Q1: Fabio Quartararo, Brad Binder, Marco Bezzecchi, Ai Ogura, Luca Marini, Raul Fernandez, Alex Rins, Enea Bastianini. Tutti a circa due secondi dalla vetta, tutte vittime di un solo pilota che divide et impera. È sempre la stessa canzone che va, sembra di essere tornati al Texas di dieci anni fa.