Roberto Colaninno, con una riservatezza rara, si è imposto sulla scena imprenditoriale e industriale italiana, di cui è stato tra i principali interpreti per oltre 50 anni. Non gli piacevano interviste e uscite pubbliche, detestava le espressioni pompose di chi voleva proiettarlo in primo piano. Digrignò i denti e arricciò il naso nel 1999, quando insieme ad Emilio Gnutti, Unipol e Interbanca (uno squadrone che venne battezzato “la razza padana”) intraprese la scalata a Telecom Italia – l’operazione consacrò Colaninno a manager e imprenditore di fama internazionale, ma gli valse anche l’appellativo di “finanziere”, termine non apprezzato. Massimo D’Alema soprannominò epicamente la cordata padana, formazione che l’allora Presidente del Consiglio trasformò nei “Capitani Coraggiosi”. Anche in questa occasione a Colaninno fu sufficiente una smorfia per esprimere tutto il suo disappunto. Aveva ragione, perché nove anni più tardi Silvio Berlusconi rispolverò l’epiteto, e i Capitani Coraggiosi divennero Venti Cavalieri del Lavoro patrioti a cui fu richiesto di privatizzare Alitalia. L’acquisizione della compagnia aerea di bandiera non andò a buon fine, anzi addossò sulle spalle delle collettività un buco di oltre tre miliardi di euro. Ai Capitani Coraggiosi - protagonisti di una disavventura in cui Colaninno fu preso, tirato e trascinato per la giacchetta – oggi gli italiani associano un ricordo tutt’altro che felice. Colaninno preferì evitare commenti sulla vicenda. Un rispettoso silenzio, il suo, marchio di fabbrica di una carriera che, Capitani Coraggiosi a parte, è stata costellata di successi.
Colaninno ha cominciato nel 1969 come amministratore delegato della FIAAM FILTER, azienda italiana di componenti per auto con sede a Mantova, e 34 anni dopo – attraverso la IMMSI, Holding di Partecipazioni Industriali – ha acquistato il Gruppo Piaggio, quotandolo in borsa nel 2006 e rendendolo nel corso degli anni il più grande produttore europeo di veicoli a due e a tre ruote, il quarto al mondo. Ha rilanciato i marchi del Gruppo (Vespa, Gilera, Scarabeo, Moto Guzzi, Derbi, Ape) e, acquisendo l’Aprilia nel 2004, ha portato il nome di Piaggio e Noale nel mondo. In primis Colaninno ha puntato sulla produzione di nuovi modelli da lanciare sul mercato, per rinnovare e rinfrescare l’immagine del Gruppo. Nel 2006 è uscito il Moto Piaggio 3 – MP3 – tre ruote (due di queste affiancate all’avantreno del mezzo, per garantire equilibrio) concepito come “un’apetta al contrario” che ha rivoltato come un calzino la concezione dei trike, aprendo la strada a modelli speculari prodotti da altri marchi negli anni successivi. Poi è stata la volta del ritorno sulla scena della Guzzi, con la V7, dotata di motore bicilindrico trasversale (a V) - ispirato alla capostipite degli anni ’70 – e contraddistinta da forme classiche, pulite, plasmate su tecnologia avanzata. Con la Vespa, che attraverso le copiose e progressive vendite della 125 e della 300 (soprattutto in Asia, mercato esplorato con successo da Piaggio) non aveva bisogno di spinte per tornare alla ribalta, Colaninno ha comunque deciso di stupire il generalmente tradizionalista mondo delle due ruote presentandosi tra i padiglioni dell’Eicma 2016 affiancato da una versione elettrica dell’iconico scooter (necessario precisare che, come si dice agli angoli della strade, la Vespa non è uno scooter, la Vespa è la Vespa). Sempre con un occhio attento al passato, oltre che consapevole della componente nostalgica degli appassionati, il Gruppo Piaggio nel 2021 ha risfoderato Tuareg, nome inscindibile dal marchio Aprilia. Noale è tornata sul mercato con una 660 che richiamava le linee della famosa “moto da deserto” degli anni’80, ma adatta all’asfalto e versatile su tutte le superfici.
Oltre a puntare su nuovi modelli, Colaninno ha puntato sulle competizioni sportive. Perché lo sport, si sa, è sempre stato un potentissimo strumento di propaganda, sia questa politica o più semplicemente promozionale. L’imprenditore mantovano è ripartito proprio da Aprilia, dalla sua gloriosa storia nelle corse. Sin dal suo arrivo Colaninno ha insistito, insieme ad Ivano Beggio, per investire più risorse sulla Superbike. I risultati sono presto arrivati: nel 2010 Aprilia ha conquistato il suo primo titolo nel campionato delle derivate di serie con Max Biaggi, in sella alla RSV4 (un gioiello, una MotoGP mascherata, si disse ai tempi). Il successo è stato poi bissato dal Corsaro nel 2012 e coronato due anni più tardi da Sylvain Guintoli, ultimo superstite prima del dominio di Jonathan Rea e di Kawasaki. In particolare, Colaninno ha deciso per il ritorno dell’Aprilia in MotoGP nel 2015, impostando con umiltà un progetto a lungo termine (Aprilia non ha le stesse disponibilità di colossi come Honda, Yamaha o KTM) che oggi - anche grazie all’apporto Massimo Rivola, amministratore delegato del settore racing di Noale – sta vedendo i suoi frutti. Aleix Espargarò ha riportato l’Aprilia alla vittoria nel 2022 in occasione del Gran Premio d’Argentina, e ha vinto ancora due settimane fa, a Silverstone, pochi giorni prima dell’ottantesimo compleanno di Roberto Colaninno. Lui, Roberto, che ha riacciuffato Aprilia e Piaggio per i capelli, lasciandoli in un caldo weekend d’agosto al vertice dei mercati mondiali (il bilancio del primo semestre del 2023 è stato il migliore mai registrato dal Gruppo) e delle competizioni. La griglia di partenza della MotoGP, sull’asfalto di Zeltweg, ha sforato abbondantemente il minuto di silenzio per ricordare l’imprenditore mantovano; Massimo Rivola non ha trattenuto le lacrime: “Ci ha voluto qui, ha fatto tutto per noi, possiamo solo ringraziarlo”.
Roberto Colaninno. Forse il Secondo Tempo della sua carriera (prima di Piaggio, come lui stesso ha definito, si trattava del Primo Tempo) è stato il migliore. Dopo una prima frazione intensa, travagliata – in certi casi discussa - il volto di Olivetti, del post De Benedetti, di Alitalia e di Telecom Italia si è dedicato solo al Gruppo Piaggio. L’imprenditore mantovano dell’informatica, delle telecomunicazioni e degli aerei nel suo Secondo Tempo è atterrato in pista con Aprilia e si è rilanciato sulle strade di tutto il mondo con i nuovi modelli del Gruppo, con un’esperienza solidissima, con uno sguardo astuto nei confronti di tradizioni e icone, con la voglia di aprirsi al futuro: l’ultima scommessa nel campo della robotica, attraverso la creazione nel 2015 della Piaggio Fast Forward, un centro di ricerca con sede a Boston da cui è scaturito il drone terrestre Gita, dotato di tecnologia follow me, che permette di seguire in modo automatico il soggetto che si sta riprendendo.
Roberto Colaninno nel suo Secondo Tempo non è più stato solo l’imprenditore mantovano riservato e pragmatico, ma l’uomo che ha salvato Piaggio, il Gruppo, che ha restaurato una parte importante dell’Italia delle due ruote, riportandola a spasso per il mondo. L’uomo che, in una sporadica intervista alla Gazzetta dello Sport per i 100 anni di Piaggio, si lasciò andare ad una fugace confessione: “Correndo il rischio di passare per presuntuoso, la più grande soddisfazione è stata quella di averlo salvato e allo stesso tempo di aver resuscitato i marchi Aprilia, Moto Guzzi, e le loro fabbriche. Pensando che cos’è oggi Piaggio in Europa, in India o in Vietnam e che cosa sta diventando in Cina, non posso che essere contento”.