Interlagos, teatro del quinto round del campionato mondiale endurance, è stata una gara da dimenticare per Ferrari, incapace di lottare per le posizioni che contano durante tutto l’arco del weekend. Ferrari, infatti, ha dimostrato sin dalle prime fasi di gara la propria impotenza, a fronte di una Toyota rivitalizzata, complice le modiche canoniche al BoP e una Porsche che, quest’anno, sembrerebbe l’auto più versatile del lotto, sempre in lizza per le posizioni che contano.
Complice un BoP pesante dopo la vittoria a Le Mans, le tre 499P hanno faticato per buona parte delle 6 ore di gara, presentandosi competitive solo durante i primi giri, con i soliti Giovinazzi, Nielsen e Kubica ad approfittare del caos iniziale guadagnando posizioni su posizioni. Passata la prima ora di gara però, la dura realtà si è palesata dinanzi agli occhi di addetti ai lavori e appassionati: Toyota e Porsche non smettevano di fare la differenza, Ferrari lottava con le unghie e con i denti al fine di non arretrare in classica. Una differenza abissale, data non tanto dalla poi vincitrice Toyota #8 e dalla Porsche #5, anch’essa autrice di una gara abbastanza regolare, quanto dalle vetture #7 e #6, prima in lotta per la vittoria e poi costrette alla rimonta. Sia l’equipaggio della casa nipponica, sia quello di casa Penske hanno dovuto fare i conti con problemi di affidabilità e contatti, salvo poi risalire la china a suon di sorpassi e giri veloci che sono valsi rispettivamente la seconda posizione, oltre che il consolidamento della leadership mondiale, per la 963 bianco-rossa di Vanthoor, Estre e Lotterer e il quarto posto per la Toyota #7 di Conway, Kobayashi e De Vries.
A conclusione della gara, il bottino di Ferrari invece, è decisamente più magro rispetto ai propri rivali: quinto, sesto e undicesimo posto. A sentire Antonello Coletta, capo di Ferrari Endurance e Corse Clienti, un finale così amaro però, era già stato previsto: “Al termine di una gara come quella vissuta qui in Brasile è difficile trovare le parole migliori per esprimere la frustrazione ed il senso d’impotenza che la squadra ha provato”. Parole a cui fa eco anche Ferdinando Cannizzo, capo delle vetture endurance: "Pur avendo massimizzato le prestazioni del pacchetto a nostra disposizione, oggi il divario dagli avversari era decisamente troppo grande per puntare al podio. Non rimane altro che guardare avanti e sperare di avere, nelle prossime gare, la possibilità di essere competitivi”.
Parole dure, che mirano dritto alle limitazioni inflitte alle tre 499P per mezzo del Balance of Performance, ritenute dai vertici del cavallino troppo dure e penalizzanti rispetto a quelle previste per i propri avversari. Al contempo però, importante è anche sottolineare come nessuna delle tre vetture abbia svolto una gara perfetta e priva di errori: sulla gara dell’equipaggio #51 ha pesato un drive through dovuto scontare a seguito di un’infrazione in regime di di Full Course Yellow, risultando in una ventina di secondi persi; la #50 si è invece ritrovata spesso a battagliare con vetture più lente, non riuscendo così a massimizzare il già poco incisivo passo gara; infine la #83 che, ancora una volta, non riesce a concretizzare il potenziale mostrato sino ad ora, complice anche errori, come la toccata ai danni della Bmw o sfortune durante i vari duelli con gli avversari di classe.
Una Ferrari che, oltre al risultato di tappa, esce da Interlagos con le ossa rotte soprattutto guardando alla classifica mondiale, anche alla luce di quanto il successo a Le Mans aveva rilanciato le aspirazioni di titolo per gli equipaggi #50 e #51, ora staccati rispettivamente di 19 e 59 punti dall’inscalfibile Porsche Penske #6 a quota 117 punti. Dunque, parafrasando le parole di Coletta e Cannizzo, non resta che archiviare la difficile tappa brasiliana puntando a recuperare quanto perso in Texas, più precisamente al Cota, teatro del prossimo appuntamento in calendario, dove occorre essere perfetti come non mai se si vuole continuare a credere nel sogno mondiale.