La verità è che un GP come questo, tra la gloria e il disastro, i francesi lo hanno meritato: il circuito di Le Mans ha ospitato 278.805 spettatori in tutto il weekend, un record assoluto per la MotoGP che per trovare un diretto contendente deve tornare indietro al 2015, quando a Brno si sono contati 248.000 appassionati. Era il GP numero mille, ricorrenza probabilmente forzata (a ragione, col senno di poi) dalla Dorna per trovare un altro modo di festeggiare. Che è quello, a stringere, che hanno fatto gli appassionati in questi quattro giorni. Se fai il pilota a Le Mans la gente ti scambia per una divinità, chiunque tu sia e qualunque cosa tu stia facendo. Il Team Gresini, addirittura, ha vestito un uomo del team da pilota - con tuta e casco - e l’ha mandato a salutare il pubblico che prontamente si è acceso anche per lui. Fabio Quartararo e Johann Zarco poi provocavano cori che non avrebbero sfigurato qualche settimana fa nei quartieri spagnoli di Napoli. C’erano moto, tantissime, così come c’erano grigliate in ogni angolo, campeggi pieni, musica alta. Alle cinque di mattina, a circa 10 chilometri dal circuito, si continuavano a sentire i motori amplificati da scarichi originali mandati al limitatore fino all’esplosione. Camminando per i campeggi potevi imbatterti in fiammate di tre metri, sbiellate, grippate, piccole deflagrazioni. Il tutto ininterrottamente dalle nove della mattina. Le Mans è come la guerra ma senza armi, un campo di battaglia che produce un continuo di fumi ed esplosioni in un incessante crescendo del livello alcolico e una grandissima passione per le corse.
Ma come hanno fatto? Innanzitutto l’evento è stato preparato - e dunque pubblicizzato - con mesi d’anticipo e grande insistenza, ma va anche detto che Le Mans ha una tradizione motoristica spaventosa. Il promoter non ha regalato i biglietti, che hanno lo stesso prezzo di buona parte dei GP, ha piuttosto dato molte più ragioni al pubblico per acquistarli.
Nel giovedì delle conferenze stampa la gente è entrata in pitlane per una caccia agli autografi e per vedere (e sentire) le MotoGP da vicino. Così sono stati venduti circa 15.000 biglietti, il tutto senza che ci fosse una sola moto in pista. Il venerdì invece concerti appena fuori dal paddock, feste e situazioni che avrebbero impressionato anche una banda di raver accaniti. Il sabato poi, sul rettilineo si è consumato un lunghissimo show tra stunt e freestyle, ma la cosa notevole è stata la presenza di Fabio Quartararo, appollaiato sul muretto dei box per buona parte della serata finché non è sceso per scambiare due chiacchiere con Giacomo Agostini e lanciare uno dei suoi caschi in edizione limitata al pubblico producendo una sorta di terremoto.
Immaginare una cosa del genere in Italia è praticamente impossibile, se non altro perché tra le colline del Mugello non ci sarebbe lo spazio per accogliere un pubblico così grande. La festa degli anni d’oro però, quando la gente passava la domenica di gara a dormire in tenda coi postumi del sabato (svegliandosi con l’inno delle 14:45) sarebbe bello vederla ancora. Perché la tradizione a noi non manca. Le motoseghe amplificate e la voglia di arrivare a mattina nemmeno. Senza Valentino però è più difficile, così come è più difficile mettere in scena uno spettacolo come quello visto sul rettilineo del Bugatti Circuit. Quello che si può fare però è dare più possibilità alle persone, farle interagire con i piloti, obbligare quest’ultimi a una scampagnata tra le colline anche fosse soltanto nel giovedì di gara. E poi organizzare le entrate ai cancelli e le invasioni di pista, lasciando la gente libera di godersi uno spettacolo di cui il pubblico è sempre stato parte integrante.
Se questa gara con la Francia l’abbiamo persa in partenza, qualcosa di grande possiamo farlo anche noi: al Mugello non si dorme e la pista è tra le più belle del mondo.