Alex Briggs è stato uno degli storici meccanici di Valentino Rossi, con cui ha lavorato ininterrottamente dall’esordio del 9 volte iridato in 500. Lui e Brent Stevens, che invece ha seguito Rossi dal 2004, non saranno più nel paddock a partire dal 2021. Le lunghe trattative di Rossi per portare con sé tutta la squadra non sono state sufficienti a convincere il numero uno del Team Petronas Razlan Razali, per il qualegli spostamenti dei due meccanici (l’australiano Briggs ed il neozelandese Stevens) è un costo troppo oneroso da sostenere per l’intera stagione.
In un’intervista di Paolo Ianieri per la Gazzetta dello Sport, Alex Briggs racconta il rapporto con Valentino, i suoi progetti futuri ed alcuni dei momenti che gli hanno resi così uniti. “È solo perché è stato bello, che è triste” spiega durante l’intervista. Ecco i passaggi più interessanti.
Sull’addio alla MotoGP, in cui ha lavorato per 28 anni (Rossi infatti ereditò la squadra di Mick Doohan in 500, tra cui era già presente l’australiano), Briggs spiega che avrebbe voluto smettere insieme a Valentino: “Ancora un anno e sarebbe stato perfetto. Avessi avuto un’offerta irrinunciabile magari avrei cambiato idea, ma cos’è un’offerta irrinunciabile? Non si tratta solo di soldi, ma della possibilità di mettere a disposizione quel che so. Restare solo da meccanico non sarebbe stato sufficiente. A Jerez ho saputo che non ci sarebbe stato posto, così dopo diversi meeting nel motorhome di Valentino gli ho detto che mi sarei fermato. Non ho mai avuto bisogno di essere in questo mondo, ma ho sempre voluto esserci”.
Poi racconta del primo incontro tra lui e Rossi, anche se ricorda con precisione il giorno: “Mi pare che un giorno qualcuno lo portò nel box, forse in Malesia - racconta Briggs - “Questo è Valentino Rossi e bla bla bla”, erano i tempi della 125. Poi me lo ricordo su e giù nel paddock in bici su una ruota. “Quello è Rossi”. “Ah sì? E allora?”. La prima volta che gli ho parlato davvero è stata al debutto ai test di Jerez. Prima avevo lavorato con Beattie, e ora questo ragazzo rimpiazzava Doohan. Credo che il più eccitato fosse lui, avrebbe guidato una Honda e lo avrebbe fatto con il team di Mick. Immagino che sentisse quanto fosse speciale. Già dopo i primi due tre giorni sapeva i nostri nomi, da dove arrivavamo e cosa avevamo fatto. Chiedeva un sacco di cose, non perché dovesse, ma perché era genuinamente interessato. E conosco piloti che hanno lavorato per anni senza sapere il nome dei meccanici. “Quello coi ricci, quello coi baffi”. Non sai il nome di chi lavora per te e che fa sì che tu abbia una moto che non si rompa?».
Il fatto di avere davanti a sé un pilota dal talento speciale fu quasi immediato per il team di Valentino: “Dal primo test si è capito che sapeva guidare - racconta Briggs - E credo che dopo 5-6 gare i tecnici giapponesi abbiano iniziato davvero ad ascoltarlo. Vale non impiegò molto a capire come guidare la Honda e i giapponesi intuirono che valeva la pena ascoltare le sue sensazioni anche se non eravamo il team interno. E infatti nel 2001, con un motore che andava incontro alle sue richieste, vinse il Mondiale. Poi lo seguimmo in Yamaha. Eravamo frustrati dalla Honda, perché con Valentino che vinceva così tanto si creò una frattura tra gli ingegneri e il nostro box. Anche Rossi avvertiva che per la HRC vincevamo perché aveva una gran moto e non per merito suo, che è la cosa peggiore che puoi dire o far capire a un pilota. Ma la Honda non si aspettava che lo avremmo seguito e a Valencia lo shock fu enorme. Davanti a tutti nel box Jeremy Burgess (ex capotecnico di Valentino, ndr.) disse che sarebbe andato via, i giapponesi vennero da me, io risposi lo stesso e uno dopo l’altro anche gli altri”.
Sulla relazione tra lui e Valentino, Briggs risponde che “È la domanda che mi viene fatta di più. La seconda, invece, è “Ma com’è veramente Valentino?”.E la mia risposta standard è che quello che vedi in televisione è Valentino Rossi al 95%. L’altro 5% sono cose che non puoi dire in tv. Lo considero mio amico ma non uno dei migliori amici. Però lo conosco abbastanza bene per capire dalla faccia quando è triste, frustrato, o se le cose non vanno bene. Ma soprattutto posso dire che è una persona onesta, molto divertente e che è felice quando vede che anche gli altri lo sono. Capisce cose di te perché ti osserva e senza la necessità di dirgliele”.
Infine, racconta che il motore di Rossi è ancora la fame di vittorie: “Sei stato al Ranch? È la sola cosa che ti serve per capire. Se sei stato lì, a vederlo girare in kart, con le minimoto o da qualsiasi parte non importa, se ha delle ruote vuole essere il più veloce. Non so cosa gli dice il cuore, ma il cervello gli dice che vuole vincere. Potrebbe mettere delle ruote su una bara e cercare di essere il più veloce di tutti anche con quella”.