“Adesso sono tutte gare sul bagnato, anche quando è asciutto” – Alex Gramigni, campione del mondo nella Classe 125 nel 1992, sintetizza così le principali differenze tra il correre in moto oggi e farlo, invece, trent’anni fa. “E’ come se tutti aspettassero tutti per tre quarti di gara, per poi giocarsela fino in fondo e spingere veramente al limite solo nei giri conclusivi – ha poi spiegato nell’intervista esclusiva che ci ha concesso questa mattina – Anni fa questa cosa succedeva quando correvi sul bagnato. Pioveva, la pista era un disastro e partivi con la consapevolezza che nessuno sarebbe scappato e che, quindi, l’obiettivo della prima metà di gara era restare in piedi e non cadere, per poi giocarsi tutto nei giri conclusivi. Dico la verità: non seguo tantissimo le corse, anche se sono state la mia vita, ma oggi ho l’impressione che siano un po’ tutte gare sul bagnato, perché i piloti sembrano comportarsi come quando noi correvamo sotto la pioggia. Però sia chiaro, non dico che prima era meglio e adesso è peggio, ma semplicemente che è diverso, è come parlare di due mondi differenti”.
Due mondi in due epoche, quindi, con anche i protagonisti che, inevitabilmente, erano diversi. Alex Gramigni ha una sua teoria anche su questo e, cioè, su quanto sia cambiato il concetto di essere pilota in favore di “diventare pilota”. “Anni fa i piloti avevano mille sensibilità e, probabilmente, erano anche più suonati – ha affermato l’ex campione del mondo – Ai tempi, oltre ad un gran manico, dovevi avere talento anche nel capire la moto, nel saperla interpretare, oppure nel gestire i rapporti con squadra, manager, sponsor. Oggi basta saper andare forte, mentre a tutto il contorno c’è chi ci pensa, elettronica compresa, con moto evolute rispetto a cavalli imbizzarriti che non aspettavano altro di farti volare per aria. Prima, giusto per fare una battuta, quattro ossa a stagione te le rompevi, adesso te ne rompi uno. Purtroppo, a volte, arriva anche chi non ha nemmeno il talento, magari perché è forte solo nel contorno che ha saputo crearsi. Vale, in particolare, per le categorie minori, ma non per la MotoGP: lì se ci arrivi è perché hai manico. In MotoGP sono tutti ad altissimo livello, di sicuro 4 o 5 di più e tra questi se devo isolarne due dico Marc Marquez e Valentino Rossi. Tutti gli altri sono bravissimi e meritano certamente di stare dove stanno, ma una virgola in più ce l’hanno loro e, per età, l’hanno espressa in tempi diversi”.
Marc Marquez e Valentino Rossi, rivali, quasi nemici, protagonisti di epoche differenti pur essendo contemporanei, ma, alla fine, sempre accomunati. Anche dallo stesso Alex Gramigni, che aggiunge: “Uno è reduce da un infortunio, l’altro ha l’età che ha, si dice molto sul loro conto, ma la verità è che dovrebbero fregarsene di tutto e tutti e andare avanti”. Che, nel caso di Valentino Rossi, non significa necessariamente continuare a correre: “Andare avanti – ha specificato Gramigni – inteso come fare quello che sente di fare senza stare ad ascoltare chi tira da una parte o dall’altra. Valentino Rossi ha 42 anni, ma l’età non incide più di qualche decimino: è ancora un pilota veloce. Però è chiaro che se stai in un team satellite non hai quello che hanno gli ufficiali e l’anomalia non è quest’anno in cui le M1 di Petronas vanno peggio di quelle Monster Energy, l’anomalia, semmai, è stata lo scorso anno, quando una Petronas e un pilota bravissimo come Franco Morbidelli sono diventati vicecampioni del mondo. L’anno prossimo, anche cambiando marchio, difficilmente sarà diverso. Da appassionato posso dire che l’idea di vedere Valentino Rossi su una Ducati del suo team e con il fratello come compagno di squadra è suggestiva e straordinaria, ma da pilota dico solo che deve fare quello che si sente di fare e andare avanti ascoltando solo se stesso e fare quello che gli piace di più”.
Anche perché la posta in gioco, per un pilota, è sempre altissimo e niente, se non una piena convinzione personale, può valere il rischio che si corre ogni volta che si scende in pista con un missile da oltre 250 cavalli. “Con Valentino – ha concluso Gramigni – siamo amici da molti anni e ci sentiamo alcune volte per telefono senza mai parlare di queste cose, quindi non saprei sbilanciarmi su quale potrebbe essere la sua scelta. Di sicuro ha scritto la storia di questo sport e non sarà un anno o due con risultati non entusiasmanti a cancellare tutto quello che ha fatto per il motociclismo e che sta ancora facendo. Quando, ultimamente, sento certi giudizi o certe affermazioni su Valentino Rossi mi viene da rabbrividire, anche perché sono stato un pilota e sono perfettamente consapevole che, da fuori, si ha la percezione solo di una minimissima parte della realtà che, invece, vive chi sta in prima linea”. E’ per questo motivo che Alex Gramigni non s’è voluto sbilanciare neanche sul futuro del marchio a cui ha legato per sempre la sua carriera, conquistando il titolo mondiale: l’Aprilia. “Sì, Aprilia si sta muovendo sul mercato, ma solo loro sanno quale è la scelta migliore per loro – ha spiegato – Di sicuro la prima cosa da fare è tenersi stretto Aleix Espargarò, perché quella moto è in qualche modo una sua creatura e nessuno la conosce quanto lui, poi, tra gli altri nomi che sento, direi che andrebbero più che bene sia Maverick Vinales che Andrea Dovizioso. Forse, ma sempre per ciò che vedo da fuori, Dovizioso potrebbe essere più adatto per stile di guida alle caratteristiche della moto e potrebbe essere molto importante per quanto riguarda lo sviluppo, ma Maverick Vinales potrebbe essere più veloce da subito. Sono scelte difficili e che devono tenere conto di ogni fattore. Di certo se a Dovizioso dovesse interessare un ruolo da collaudatore con qualche wildcard da fare, l’idea di aver sia Dovi che Espargarò e Vinales rappresenterebbe un vero colpaccio per Aprilia”.