Chissà a cosa penserà Graziano Rossi quando vedrà sfrecciare suo figlio per l’ultima volta davanti alla bandiera a scacchi. Nella sua testa passeranno i ricordi di una vita, le gioie e le sofferenze, l’emozioni di sorpassi all’ultima curva e l’apprensione a ogni gara: “Il motociclismo è uno sport abbastanza delicato, non bisogna entusiasmarsi troppo, almeno io sono fatto così” ha detto al Corriere dello Sport. Non è facile resistere alla tentazione di esultare a cuore aperto quando si parla di un figlio che ha vinto nove Mondiali. Umiltà e passione, ecco l’insegnamento del babbo. E poi c’è quella volta dove davvero papà Graziano ha capito davvero che suo figlio era forte: “La prima volta che ha vinto nella 500, a Donington nel 2000. L’ho pensato tra me e me, cavolo… andava davvero”.
Non si è mai commosso Graziano Rossi di fronte alle vittorie del figlio. Ma si è sempre divertito, sia quando dava spettacolo che quando i risultati sono diventati nulla: “Ho sempre provato gusto, anche quando lo vedevo fare una bella qualifica – ha continuato – Prima lo accompagnavo poi ho smesso, sono sempre stato bravo a fare una cosa: togliermi dalle palle”. Non mancano poi gli scambi di battute tra i due, in particolare su una particolare abitudine del Dottore: “Svegliare Valentino è quasi impossibile. È sempre stato così, io magari arrivo cinque minuti prima, lui trenta dopo. Il ritardo come stile di vita”. Il babbo poi ricorda l’infanzia, il momento in cui lo ha messo per la prima volta sopra una moto: “La foto più bella che ho di Vale è di quando aveva tre anni. Io ero sopra la Morbidelli 500 e lui sul serbatoio. Sono stato io a metterlo sopra una motocicletta, forse l’ho costretto. A due anni e mezzo girava per tutto il corridoio di casa, arrivava in fondo e si girava di traverso”. E nella scatola delle memoria, la storica amicizia con Uccio: “Mi ricordo quando facevano le impennate con l’Ape dietro le mura di Tavullia. Erano sempre insieme”.
Presto Valentino Rossi saprà cosa vuol dire essere padre. Di cose belle ne hanno fatto insieme, ma la più bella resta però quella corsa testa-testa sulla Panoramica, la strada collinare che va da Pesaro a Cattolica: “Vale aveva un’Honda 650 e io un’altra moto. Sono riuscito a non farmi lasciare indietro e alla fine mi ha detto Cavolo Babbo, vai eh? Che soddisfazione”. Il Dottore in quegli anni era soltanto un ragazzino, ma andava ecco: “È sempre stato un bambino veloce. Non l’ho mai visto triste. La testa, è stato quello il suo punto di forza. La serenità e l’equilibrio gli hanno consentito di sfruttare al meglio la spinta alla velocità che aveva dentro”. Quel ragazzino, diventato uomo e padre, adesso metterà un punto finale su una splendida carriera. Ma per babbo Graziano, Valentino Rossi, sarà sempre il bambino biondo con gli occhioni azzurri sul serbatoio della Morbidelli 500.