"Nel 1989 ebbi un grave incidente al Tamburello - racconta Gerhard Berger a chi, a quella curva maledetta tra le bellezze di Imola, associa solo il ricordo di Senna - La mia Ferrari prese fuoco e mi procurai delle gravi ustioni. L'anno dopo io e Senna andammo a visionare la curva per capire se si potesse fare qualcosa... spostare il muro, rendere ampia la via di fuga per aumentare la sicurezza in quel punto così pericoloso".
Un ricordo che a Berger fa ancora male, lo si capisce dai toni del suo racconto. Dalla paura di quel suo schianto al Tamburello, dalla consapevolezza che quella "non era semplicemente la mia ora" e dall'ombra di un rimpianto.
Aver visionato proprio quella curva con il suo amico Ayrton, aver capito quanto fosse pericolosa e aver cercato una soluzione, senza però trovarla.
"Ispezionammo la curva del Tamburello ma quando girammo intorno al muretto ci rendemmo conto che subito dietro, a ridosso della curva, c'era un fiume".
Avevano ragione, Berger e Senna, perché l'acqua del Santero scorreva indisturbata dietro a quell'incrocio di destini, rendendo le modifiche complicate e costose: "Ci dicemmo che non si poteva fare niente. L'unica cosa sarebbe stata spostare la curva, disegnare una chicane al posto del curvone. Ma ci guardammo negli occhi e concludemmo che non si poteva chiedere una modifica così importante".
Forse nessuno li avrebbe presi in considerazione, come pensarono quel giorno davanti al Tamburello, o forse impuntandosi avrebbero smosso qualcosa, cambiato quel destino. Di una cosa però Gerhard Berger è ancora oggi sicuro, in un misto di accettazione e rimpianto per l'amico scomparso troppo presto: "se avessimo fatto all'epoca quelle modifiche al tracciato, Ayrton non sarebbe morto".
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