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Binotto non sente sua la SF-23: che sia un buon segno per la Ferrari

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

17 febbraio 2023

Binotto non sente sua la SF-23: che sia un buon segno per la Ferrari
Mattia Binotto, l'ex team principal della Ferrari, ha preso le distanze dalla nuova macchina del Cavallino, sottolineando che in Formula 1 non esiste il singolo ma il gruppo: “SF-23 figlia del 2022, ma non è la mia macchina”. Che sia un segno che porti fortuna alla Ferrari?

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

Per la Ferrari del 2023 c’è una grandissima attesa, un’attesa che comunque ha accompagnato tutti i modelli del Cavallino. Eppure, quest’anno, c’è qualcosa che rende il tutto ancora più intrigante: lo scorso dicembre ha visto le dimissioni di Mattia Binotto, sostituito nel suo ruolo di team principal da Frederic Vasseur. Episodio che ha accresciuto, tra i tifosi della Rossa, la curiosità sulle prestazioni della Ferrari SF-23. Se dovesse andare bene a chi andrebbero attribuiti i meriti? E se al contrario dovesse andare male? Sarà di Vasseur la colpa? In teoria dovrebbe essere la squadra a prendersi sia gli onori che gli oneri, quindi parlare di singoli sarebbe fuorviante. E’ pur vero che sulla SF-23 Vasseur non ha avuto il tempo di lavorare, mentre Binotto prende le distanze dalla macchina che ha costruito insieme al team: “In Formula 1 non si parla di individuo, ma di gruppo completo. Questa è una macchina che è stata progettata l’anno scorso, nella quale ero con loro, però non è la mia vettura, è la vettura della Ferrari”.

Mattia Binotto
Mattia Binotto

E ancora: “Per vincere occorre sempre avere la macchina migliore. Il pilota fa la differenza per gli ultimi due decimi in pista. Fa la differenza per il talento, la capacità di guida e la mentalità. Perché un pilota deve avere quel carisma che spinge tutta la squadra a continuare a migliorarsi. In fondo è un protagonista nella squadra, è una delle persone più importanti, perché parla con i giornalisti, con la presidenza, con tutti i suoi meccanici, con la squadra. Quindi io penso che un pilota fa sì la differenza in pista, ma anche nella capacità di coltivare e migliorare la mentalità del team“.

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