Il senso della velocità. Poteva essere un programma di approfondimento di una qualche tv a pagamento e, invece, è stato il tema di una chiacchierata social tra Cal Crutchlow, i piloti di Formula1 Valtteri Bottas e Jamie Chadwick e il ciclista Mark Cavendish. Il bisogno di andare forte ha in qualche modo caratterizzato le loro vite e, grazie a talento e impegno, sono anche riusciti a farne una professione che li ha portati sui palcoscenici più importanti del mondo nelle rispettive discipline sportive.
Per l’ex pilota del Team Honda LCR, la velocità è una sorta di necessità, un qualcosa che non basta mai. Non per il brivido, ma perché ci si abitua facilmente. “Quando sono andato in Qatar per i test – ha spiegato il pilota britannico – non salivo su una moto da corsa da diversi mesi. All’inizio, con le forze G che ti spingono da tutte le parti, è stato impressionante, ma dopo due giri mi sembrava già tutto normale”.
Il brivido, piuttosto, sembra stare nelle situazioni che si vivono a certe velocità, più della velocità stessa, alla quale invece si fa fin troppo facilmente l’abitudine. A meno che non ci si trova al Mugello. “Quando fai 350km l'ora in rettilineo sembra che non vedi niente di diverso di quando vai a 150 km/h – ha spiegato Crutchlow, che oggi veste i panni del collaudatore per Yamaha - C'è solo un posto nel mondo in cui si ha il senso della realtà ed è la fine del rettilineo al Mugello. So che Valtteri l'ha fatto anche l'anno scorso in Formula 1: arrivi su una cresta cieca con una piega a sinistra a poco meno di 360 km/h e solo lì hai la vera percezione della realtà e di quello che stai facendo, soprattutto se ci sono un altro paio di moto a fianco a te. Si passa anche dall'essere sulla ruota posteriore e impennare fino al piantare la ruota anteriore sui freni a 340 km/h”.
Chi ha provato il Mugello, anche con velocità più basse, tutt’altra moto e neanche un’unghia del talento di Crutchlow, può comunque ben capire di cosa sta parlando. A sintetizzare il concetto è stato proprio il ciclista Cavendish, che ha raccontato: “Quando sono salito sul retro della Ducati a due posti con Randy Mamola è stata la migliore esperienza della mia vita - ha detto - È quella sensazione nella pancia come quando ti trovi sul bordo di un edificio alto, o quando sei al limite di qualcosa ... è la sensazione più bella del mondo. È una sensazione che crea dipendenza".
Una sensazione che Cal Crutchlow, però, si accontenta ora di vivere solo per 25 giorni all’anno. “Sono nella fase in cui ho deciso di smettere, ma ancora mi sento un po’ un pilota e quindi il collaudatore è il ruolo perfetto – ha concluso il britannico – Mi piace molto, anche se mi fa strano aiutare quelli che fino a pochi mesi fa erano i miei avversari e dare loro dei suggerimenti. Sto lavorando fianco a fianco con tre ragazzi fortissimi: Franco Morbidelli, Fabio Quartararo e Maverick Vinales e con un ragazzo più anziano che non ha bisogno di presentazioni: Valentino Rossi”.