Da pilota s’era guadagnato il soprannome di “martello”. Perché era uno che se riusciva a partire davanti era capace di ripetere lo stesso identico tempo, spaccato al centesimo, ad ogni giro. Uno che sul metodo, sulla costanza, sulla concentrazione quasi maniacale aveva investito tutto e che, con cinque titoli mondiali messi in bacheca, ha pure raccolto molto. Meritatamente, sia inteso. Perché vederlo guidare era uno spettacolo, pulito, perfetto in sella, un fuso rispetto all’asfalto. Forse poco spettacolare, ma efficace come lo sono stati in pochi tra quelli che non hanno avuto il fuoco della follia negli occhi. Non è facile parlare di compostezza raccontando di uno che ha trascorso la vita a 300 km/h, perché nel mondo delle corse di compostezza ce ne è veramente poca. Però a vedere Jorge Lorenzo adesso che sta fermo, che gira il mondo tra hypercar e location da sogno, diventa facile parlare di “scompostezza”. E’ sempre scomposto. Spesso fuori luogo. Funambolo nella dialettica quasi a violentare la sua stessa natura. E, senza mezzi termini, grottesco come non mai. Fa quasi tenerezza Jorge Lorenzo, arroccato nella difesa di qualcosa che, in verità, nessuno gli insidia. Così irruentemente armato per proteggere il suo status di campione. Che poi, a pensarci bene, l’unico a mettere in dubbio di esserlo è probabilmente lui stesso.
Finendo per scadere, esattamente come è accaduto nelle ultime ore, quando ha commentato soddisfatto, con un “io l’avevo detto”, la caduta di Cal Crutchlow in Qatar. Eleganza due. Utilità del commento zero. Opportunità del ghignante post meno di zero. E il brutto è che la pochezza genera sempre pochezza, con il Tweet di Lorenzo che ha immediatamente attirato le ire di Jack Miller, in una infantile difesa dell’amichetto Cal. Ne abbiamo già parlato ieri, inutile ribadire. Come è inutile ribadire il sostegno fatto avere a Miller da Aleix Espargarò e l’intervento di Andrea Iannone. L’ex di Aprilia ha provato a giocare il ruolo del saggio pacificatore, ma ha usato due soprannomi, Thriller per Miller e Crashlow per Crutchlow, finendo per buttare benzina sul fuoco, anche se lo spirito era quello di invocare “più relax”. Fino alla peggior chiusa possibile, con Lorenzo che ricorda a Espargarò di non aver mai vinto neanche una gara in oltre quindici anni di carriera. Tutto vero, per carità, ma uno che ha vissuto davanti dovrebbe sapere che il principio di un campione è inseguire il primato, non certo tagliare le gambe agli altri. In gara e nella vita.
Altrimenti viene da pensare che questo dover ribadire di essere uno dei migliori sia figlio di un dubbio davanti allo specchio: “Sono stato veramente uno dei migliori?”: Eppure i numeri parlano chiaro: lo è stato. Jorge Lorenzo sui social, ora che non è più un pilota, fa pensare ad un Tyson sul ring che picchia a destra e manca, con una furia che è cieca e che, probabilmente, viene da un’anima ferita piuttosto che da un senso di competizione e una volontà di confronto. Al costo, persino, dei colpi proibiti mentre sta sotto il sole delle Maldive, in uno dei luoghi di vacanza più belli del mondo. Forse il lettino di cui avrebbe bisogno non è quello dei lussuosi centri vacanze. Perché è un peccato atroce che uno che potrebbe davvero essere una risorsa per il motorsport, in ogni veste possibile, si riduca a fare l’hater al pari dei suoi stessi haters.