In Inghilterra lo chiamano “The King”, perché Carl Fogarty - prima che arrivasse Jonathan Rea – era il pilota più vincente della storia della Superbike. Quattro titoli mondiali negli anni ’90 in sella all’iconica Ducati 916, anche se Foggy avrebbe voluto appendere il casco al chiodo dopo i primi due. Tra le titubanze del pilota classe 1965 fu decisivo il carattere di un team manager che oggi – sempre nei box di Borgo Panigale – ritroviamo in MotoGP: Davide Tardozzi. Il dirigente sportivo ravennate ai tempi della Superbike si accordò con Michaela, la moglie di Carl (figura che, secondo Tardozzi, teneva le redini della famiglia), per convincere il pilota a continuare. Davide dovette persino volare in Inghilterra e farsi ospitare a casa Fogarty per concludere l’operazione. La scelta si rivelò azzeccata, perché ai mondiali del biennio 1994-1995 si sommarono quelli del ’98-99.
Fogarty, al contrario di Tardozzi, non passò in MotoGP, ma in un’intervista a Crash.net – a distanza di 22 anni dal suo addio alle corse – ha parlato a tutto tondo del Motomondiale, esprimendo più di qualche perplessità: “La tecnologia sulle moto è incredibile. Ascolto i commentatori che si esaltano perché l'intera griglia è in un secondo, il che mi fa pensare. C'è una ragione per questo, ed è che tutte le moto sono praticamente uguali. Le moto sono così all’avanguardia – ha aggiunto Carl - che in qualche modo hanno annullato le abilità del pilota. Non so più chi sia il miglior pilota, tutti possono vincere ma quasi mai capita di vedere qualcuno perdere il posteriore. Se si togliesse l’elettronica saremmo in grado di vedere chi è il più bravo”.
Proseguendo con il discorso, che fa riferimento ad un generale appiattimento verso il basso della qualità dei piloti del Motomondiale, Fogarty ha ulteriormente chiarito il suo punto di vista: “C'è sempre stata una superstar in MotoGP o Superbike sin dagli anni '70 con Barry Sheene, Kenny Roberts, Rainey, Doohan, poi Valentino, Marquez e Lorenzo. Ma ora ci sono circa otto ragazzi che possono vincere le gare, ed è o perché le moto sono eccelse o – semplicemente - non c'è quel pilota superstar che può distinguersi. La penso in modo un po' diverso da tutti gli altri, resta il fatto che comunque mi piace guardare la MotoGP". Niente di meno.