Siamo in un periodo particolarmente turbolento per il governo, ma le acque almeno per il CONI sembrano essersi calmate: il Consiglio dei ministri ha approvato nei griorni scorsi il decreto legge sulla sua autonomia, che era l'ultima carta da giocare per salvare l’inno e la bandiera nazionali alle prossime Olimpiadi di Tokyo evitando, così, che il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) sospendesse l’Italia per inadempimenti. Esulta il mondo dello sport, ma parzialmente poiché, nella corsa contro il tempo con la pandemia di Covid-19, è fra i settori più penalizzati. Il campione olimpico di taekwondo, Carlo Molfetta, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra 2012, oggi team manager della Federazione Italiana Taekwondo (FITA), non nasconde un po’ di amarezza.
Solo il giorno prima della decisione di Losanna è finalmente arrivato il decreto. Hai confessato su Instagram che ti sentivi umiliato per una decisione non ancora presa dal Governo. Perché?
Come atleta prima, ora membro di uno staff nazionale, vivo e vedo il sacrificio degli atleti per cercare di portare in alto la bandiera italiana. A differenza del calcio, noi non ci arricchiamo con lo sport: giochiamo per la gloria, che significa anche vedere il nostro Tricolore svettare e sentire l’inno nazionale. Aver rischiato di gareggiare da indipendenti, sarebbe stato umiliante. Per cosa mi sono sacrificato finora, se devo vedere sventolare la bandiera del CIO? Questa domanda mi dava amarezza. Almeno finora.
Secondo te, si poteva dare con lo sport un segnale di unità del Paese in un momento in cui questa viene meno sul piano politico?
Nel 2012 in un’intervista dissi che lo sport italiano stava dando grande prova di unità in un Paese anche allora diviso. Dopo nove anni, pur rappresentando quella parte positiva della nazione, ci siamo trovati di nuovo ad affrontare un periodo complicato, che nessuno ci invidia. Per l’ennesima volta, diamo il segnale che vogliamo lavorare per il bene dell’Italia, ma il Governo dà l’impressione di non prendere spunto da noi, dallo sport. Questo amareggia molto.
Oggi sei team manager della FITA, quindi conosci bene il problema delle chiusure di palestre e associazioni di sport da contatto. Pensi che il governo avrebbe potuto agire diversamente?
Non mi sento di dare un giudizio, noi italiani siamo sempre allenatori di calcio il lunedì mattina. Quello che mi aspetto come sportivo, però, è che il governo abbia agito per il bene dello sport. Lo sport insegna che puoi allenarti, ma non saprai mai l’esito di un match: ecco, se i politici hanno agito per il bene dello sport, allora si possono tollerare anche risultati ed esiti inaspettati.
Avrai sicuramente visto l’incontro dei pesi leggeri UFC ad Abu Dhabi, in cui Conor McGregor, dopo un anno di assenza, ha perso per la prima volta per k.o. Come l'hai vissuto?
Penso che ogni atleta debba capire quando è arrivato il momento di mettersi da parte. McGregor ha superato da tempo il suo apice, ora è in discesa e deve accettare che ci sono giovani che possono batterlo. Prima lo farà, prima si reinventerà. Reinventarsi è un dovere per i campioni dello sport, perché così si può trasmettere la propria esperienza e fare il bene delle generazioni future. Ora è arrivato il momento per lui di mettersi da parte.