Del Gran Premio del Portogallo, primo della storia ad aggiungere la gara sprint al weekend, ci si ricorderà soprattutto della manovra di Marc Marquez, che nelle prime fasi della gara ha centrato Jorge Martín - procurandogli una frattura ad un dito del piede e una contusione alla caviglia - e atterrato Miguel Oliveira, idolo di casa perfettamente in lotta per il podio. Partiamo dal presupposto che Marc Marquez è un fuoriclasse: i mondiali li ha vinti soprattutto col talento, non guidando sempre e costantemente oltre il limite. Inutile aggiungere però che questo approccio oltre il limite, che lui riassume nel documentario All In dicendo di essere “un bastardo in pista”, continua a provocare incidenti e a spostare l’asticella della competizione più in alto, dove cadute e infortuni aumentano allo stesso modo. Mentre Oliveira e Martín attaccano e la Direzione Gara lo sanziona con due long lap penalty per il GP d’Argentina a Termas de Rio Hondo, lui si lascia andare all’autocritica: “Ho fatto un errore e per questo ho ricevuto un double long lap come da regolamento”, ha spiegato ai microfoni di Sky. “Non era mia intenzione, non volevo passare Martin ma ho avuto un bloccaggio della ruota davanti: ho scelto la dura e col vento ho fatto fatica a scaldarla, quindi sono andato dritto. Ho evitato Martin ma trovato Oliveira. Chiedo scusa a Oliveira, al suo team e al GP Portoghese”.
Tralasciando per un attimo tutte le conseguenze in termini di punti, infortuni e risultati, la prima cosa che colpisce dal circuito è la profonda rabbia dei tifosi portoghesi nei confronti di Marc Marquez: era come stare sulle colline del Mugello dal 2016 in poi, per capirci. In Portogallo Miguel Oliveira è l’idolo del popolo, secondo solo - e non tanto quanto si potrebbe pensare - a Cristiano Ronaldo. Buttarlo per terra è l’ultima cosa che dovresti fare chiunque tu sia. Poi, a pensarci, se Miguel fosse stato colpito da un altro pilota probabilmente la reazione sarebbe stata almeno in parte diversa. Perché Marquez è recidivo e non serve mettere in mezzo Valentino Rossi per rendersene conto. Il risultato è che ogni volta che le telecamere della regia andavano a inquadrare lui proiettandolo sui maxischermi sparsi per il circuito, dalle tribune scendevano orde di fischi e insulti in una lingua che facciamo fatica a tradurre ma non a comprendere.
A conti fatti nell’ultimo anno Marc Marquez ha lavorato tanto sul fisico quanto sull'immagine, con l'obiettivo piuttosto esplicito di piacere alla gente: più social, un nuovo fan club (WeAre93), la docuserie All In e una lunga lista di altre iniziative per convincere il pubblico a tifare per lui e ricordarlo come uno dei più grandi, perché evidentemente assieme ad altri mondiali è di questo che gli importa. Così però diventa difficile e qualcuno dovrebbe farglielo notare: inutile mostrarsi in video lacrime e sangue se poi lacrime e sangue è quello che restituisci agli altri. Ti interessa l’amore del pubblico? Prova a farlo innamorare in pista con la velocità, il tuo genio. La tendenza a esagerare con gli avversari non ha mai suscitato grandi entusiasmi. Anche perché mentre i tifosi fischiano gli altri piloti imparano, cosa che rischia di trasformare le gare in moto in una roulette russa innaffiata di vodka.