C’è un articolo che parla di lei sull’edizione di gennaio del 1962 dello storico magazine americano Motor Trend. Lei, Mary McGee, i capelli chiarissimi e corti, ricci, il sorriso divertito che buca ogni fotografia. Timida, dice, ma mai in pista, al volante, in sella, dentro o sopra qualsiasi cosa abbia un motore. Timida nella vita fuori forse, dove la sicurezza della velocità non può seguirla. Ha 26 anni in quell’inizio di 1962 e la sua carriera come pilota, nelle corse automobilistiche prima e in quelle motociclistiche poi, è già iniziata da tempo. Si parla di “rivolta delle casalinghe” in quell’articolo di giornale perché lei, all’inizio di un periodo storico come quello di cui era protagonista, era modello e rivoluzione, pioniera controcorrente.
Era una donna di motorsport quando esserlo significava doversi scavare una strada a mani nude, permettendo così di lasciare un segno a chi sarebbe passata dopo di lei, prendendo sulle spalle il peso di critiche e incomprensioni. Eppure Mary correva perché correre la rendeva felice, fin da quella prima volta al volante di una Mercedes 300SL allo Sports Car Club of America, spinta dal marito Don, meccanico esperto e appassionato di motorsport. Da quella prima volta, nel 1957, ne arrivano altre, prima in auto e poi in moto, con l’amore per una Triumph Tiger Cub da 200 cc che faticava ad accendersi e poi il passaggio a una Honda C110. Furono anni intensi e bellissimi dominati dalla voglia di fare sempre meglio, sempre di più e sempre più velocemente, e da talento che muoveva le cose intorno a lei. Mary McGee che spinta da Steve McQueen iniziò a competere anche nel fuori strada, arrivando al culmine della sua carriera correndo nel deserto nella Baja 500 con Husqvarna.
Mary McGee che non si fece fermare neanche dalla morte del fratello, scomparso nel 1964 in un incidente durante una competizione motoristica in California. Mary McGee che lo stesso anno, in quel 1964, rimase coinvolta in un brutto incidente alla guida e - arrivata all’ospedale tra fratture e traumi - scoprì di essere incinta. Mary McGee che continuò a correre anche dopo la nascita di suo figlio, che insegnò e consigliò le altre donne, che ispirò bambine, ragazze, coetanee. Lei che questo weekend è stata ospite della gara di Formula 1 in Canada e, chiacchierando con il suo pilota preferito, Lewis Hamilton, non ha mai smesso di sorridere come in quelle foto di molti anni prima. Lo stesso sguardo, anche a 88 anni, dopo una vita vissuta a massima velocità. “Continua a divertirti” ha detto a Hamilton guardandolo negli occhi.
A quarant’anni come a venti, in Formula 1 come altrove. “Lo farò” ha risposto lui, chiedendo un abbraccio alla donna che ha scritto un pezzo di storia del motorsport senza tempo. Una storia che in qualche modo è ferma lì, a quella pagina dell’articolo su Motor Trend di inizio anni 60, dove un invito a tutte le ragazze la indicava come esempio perché “se la vostra vita è noiosa e siete annoiati dal traffico in autostrada, non arrendetevi. Comprate una moto e unitevi a Mary McGee". Un mondo oggi diverso, pieno di volti e carriere, di risultati femminili e di grandi esempi, di sorrisi come quello di Mary pronti per entrare nella storia e di strade ancora da varcare. Strade sue, nostre, e di chiunque abbia ancora voglia di percorrerle. Per divertirsi lì, dove la velocità cancella la timidezza.