C’era pure Ronaldo, il Fenomeno, dentro il box di Valentino Rossi. E’ stato un suo idolo e, appartenenze a parte, è stato un fenomeno veramente. Aveva una finta, Ronaldo, che faceva impressione e che veniva solo a lui: un gioco di gambe intorno al pallone che disorientava quel tanto che bastava per mettere in moto una esplosività che non ha avut precedenti. E oggi Valentino Rossi, con Ronaldo nel box, sembra essersi ispirato proprio a Ronaldo per dribblare l’emozione. Concentrandosi prima di tutto sulla porta e sul fatto che oggi proprio no, oggi non si sarebbe potuto chiudere con un risultato brutto. E ha fatto decimo, mentre uno dei suoi figli, Pecco Bagnaia, andava a vincere, mentre un altro dei suoi figli, Franco Morbidelli, sembrava scortarlo appena pochi decimi dietro. Tanto da fargli sconvolgere un programma: “volevo tagliare il traguardo impennando, ma Franco Era lì e non mi andava che mi superasse”.
L’emozione? C’è stata, ma Valentino Rossi ha dimostrato che non è sempre lacrime, non è sempre silenzio e introspezione. Non è sempre magone e quel mal di stomaco lì. L’emozione è pure leggerezza, con le lacrime che non hanno toccato l’asfalto, ma sono rimaste sugli spalti pieni di giallo di chi continua a vedere in Valentino Rossi che smette di correre una fase della vita che si chiude. Senza, però, avere la consapevolezza vera che se ne aprirà una nuova e che varrà comunque la pena. Una consapevolezza che, invece, sembra tatuata nel cuore del Dottore: solo festa oggi! Dentro una domenica sconvolta, perché non è stato un Gran Premio: è stato l’addio di Valentino Rossi e dentro c’era pure un Gran Premio.
Esserci? Un privilegio. Sia per chi guardava, sia per chi faceva qualcosa e, ancora di più, per chi correva. Tanto che Nakagami e Rins, entrambi caduti, sono arrivati a dispiacersi non tanto del botto fatto, ma di averlo fatto nell’ultima di Vale. Come se tutto quello che contasse davvero oggi, per i piloti della MotoGP, fosse accompagnare il 46 fino all’ultimo. E è quello che hanno fatto, senza rinunciare alla bagarre, che poi è l’unica cosa a cui un pilota non rinuncerà mai, ma aspettandolo lì, alla prima curva dopo il traguardo. Ognuno per un saluto, ognuno per un abbraccio. Qualcuno pure per un tributo. Come Fabio Quartararo, che ha issato sulla sua M1 campione del mondo, sulla moto che fino a pochi mesi fa ha scritto la storia con Vale, una bandiera tutta gialla che ha legato, per un momento, spettatori e protagonisti.
Lacrime? Proprio no. E Valentino Rossi l’aveva pure detto. “Stanno provando a farmi piangere in ogni modo in questi giorni, qualche volta ci sono quasi riusciti. Ma io voglio una festa, voglio che sia una festa”. E festa è stata. Forse pure meno spettacolare di quanto ci si potesse aspettare, ma genuina com’è genuino un ragazzo di provincia che diventa leggenda e che, nel giorno in cui esce di scena, si scopre capace pure di fermare il mondo, anche se per pochi minuti. Sapendo anche che di uscire di scena davvero non se ne parla, visto che lì, nell’arena, ci resteranno i suoi ragazzi. Quelli che oggi, in Moto3 come in Moto2 e in MotoGP, hanno indossato reinterpretazioni dei caschi più iconici di Vale. Uno di loro, Pecco, ha anche vinto, mettendo nel sacco il quinto primo posto di stagione e eguagliando le vittorie del campione del mondo.
“Jorge Martin era molto forte oggi, ma io volevo vincere per Vale. Volevo farlo per Vale” – ha detto Bagnaia subito dopo il traguardo. Come a pretendere che il protagonista restasse comunque uno solo: quel Valentino Rossi che invece, dalla sua, ha fatto il pilota fino all’ultimo. “Chiudo la mia ultima corsa con un decimo posto, ci tenevo veramente tanto. Smetto arrivando tra i primi dieci piloti più forti del mondo, è qualcosa che volevo e questa mattina mi sono svegliato carichissimo, anche pronto a rischiare per ottenere un risultato così. Per ora per me è solo finita una stagione, poi che è finita anche questa vita forse lo capirò nei prossimi giorni, ma sono contento e voglio solo fare festa”.
Così anche chi era sulle tribune ha riposto i fazzolettini “contienicommozione” che magari aveva portato da pensando che trattenere le lacrime sarebbe stato impossibile. Invece è stato quasi impossibile piangere, in un tripudio di sobrietà e normalità che, a pensarci bene, è stato un modo pazzesco e ancora una volta unico di uscire di scena. Citando pure Jim Morrison e quella volta a Los Angeles nel 1978: accompagnato e sostenuto da chi lo adorava. Come una rockstar, ma più di una rockstar. Mentre la gente del Ricardo Tormo sfilava fuori da circuito, mentre l’odore dei fuochi d’artificio voluti da Dorna svaniva via e il silenzio che tornava si trasformava in sorpresa. Perché l’ultima di Valentino Rossi l’abbiamo immaginata tutti e in ogni modo, ma così, con quel modo lì che sembra la chiusa perfetta di un romanzo sulla genuinità, poteva immaginarla solo lui: Valentino Rossi, il 46!