Dopo settimane di attesa, di ritiri annunciati e altri dell’ultimo minuto, Rafa Nadal è tornato a giocare un torneo e lo ha fatto a casa sua, a Barcellona, sul campo che porta il suo nome. L’avventura è durata solo due partite, giusto il tempo di riprendere un po’ di dimestichezza con il ritmo gara e di capire a che punto fosse, dopo mesi di inattività agonistica. Sono stati due test molto diversi, vista la caratura degli avversari: il primo, contro Flavio Cobolli è stato poco più che una passeggiata, il livello di Nadal è apparso buono, ma di fronte si è ritrovato un’avversario, che non ha neanche provato a giocare la partita, frenato da una situazione che evidentemente non è stato in grado di gestire (giocare contro una leggenda dello sport che pratichi, sul campo che porta il suo nome non dev’essere facile). Il secondo test invece, contro un giocatore top come Alex De Minaur, abituato a certi avversari e certi palcoscenici, è stato molto più utile a Nadal per capire quale fosse veramente il suo livello, e quanto fosse lontano dai migliori giocatori del momento.
Il comune denominatore di entrambe le partite è stato la difficoltà al servizio, un colpo che con il tempo Nadal ha migliorato molto, ma che da queste ultime uscite sembra essere tornato ai livelli di quando aveva 17-18 anni e si affacciava per la prima volta nel circuito ATP. Il suo serve rating, una statistica che tiene conto della percentuale di ace, punti vinti sulla prima e sulla seconda, game vinti in battuta e doppi falli, è stato di 206 contro De Minaur, un numero disastroso, se si pensa al 266 del suo avversario; per dare un contesto, il migliore in questa statistica è Hurkacz, che ha una media di 299, il numero 50 di questa speciale classifica, Alexander Bublik, ha una media di 266. Anche contro Cobolli, Nadal ha raggiunto solo un misero 256 di serve rating, questo vuol dire, che come efficienza al servizio, anche in una partita dominata, il maiorchino non è neanche tra i migliori 50 giocatori del mondo.
Nadal non ha mai basato le sue fortune sul servizio, ma nella fase finale della sua carriera, è stato un colpo fondamentale, che gli ha permesso di accorciare gli scambi e, soprattutto, di fargli giocare il punto come voleva lui, almeno nei suoi turni di battuta. Con il tempo, il servizio è diventata un’arma tattica imprescindibile del suo gioco, soprattutto sulla terra rossa, e adesso, vederlo così in difficoltà su quel fondamentale, è forse il campanello d’allarme più grande.
Il resto infatti sembra esserci ancora, il dritto non sarà quello di una volta, ma è un colpo ancora sufficientemente penetrante e pericoloso, Cobolli è andato molto in difficoltà sul top spin estremo del suo avversario, e anche De Minaur, che fa del giocare in anticipo la sua arma preferita, si è ritrovato un po’ impacciato a dover gestire una palla così alta da colpire, almeno nel primo set. Il rovescio più o meno è sempre quello, anzi sembra già essere a buon punto considerando la situazione, forse manca un po’ di spinta sul lungolinea, ma quando colpisce in diagonale e lo fa con decisione, la palla è veloce e pesante. Ci sono stati anche dei momenti vintage in queste due partite, un recupero clamoroso in allungo dalla parte del diritto, qualche tracciante di rovescio in diagonale, e i soliti “vamos” urlati a pieni polmoni con il pugno che si stringe e il bicipite che si gonfia.
C’è stato spazio anche per la sportività, come quando sul matchpoint contro Cobolli, uno spettatore ha urlato “arrivederci Flavio”, con Nadal che ha scosso la testa e si è scusato con un cenno nei confronti dell’avversario, come se il brutto gesto l’avesse fatto lui. Insomma, chi aspettava di rivederlo non è rimasto deluso e ha potuto assistere in pieno “all’esperienza Nadal”, tecnica ed emotiva. Come da lui ammesso, la buona notizia è non essersi fatto male e poter dare continuità al percorso intrapreso, anche se questo vuol dire rinunciare ad andare al massimo: “una strada contraria a ciò che intendo per sport, ma che al momento è l’unica da poter percorrere”.
Ma non c’è da preoccuparsi, arriverà il Roland Garros e quello si sarà, usando le sue parole “un torneo per il quale vale la pena dare tutto e morire”. Non si sa quanto tennis sia rimasto nella racchetta di Rafa Nadal, quello che è certo, è che lui spremerà fino all’ultima goccia possibile e immaginabile, per regalarsi un ultimo ballo a Parigi da protagonista.