Se ti piacciono le corse in moto probabilmente è colpa di Vittoriano Orazi. Questa è la conclusione a cui siamo arrivati piuttosto in fretta durante la premiére, al cinema Fulgor di Rimini, di Minimoto Revolution, pellicola diretta e prodotta dal regista Manuele Mandolesi e visibile on demand su Sky e in streaming su Now. I primi a rendersene conto probabilmente sono stati i piloti della vecchia generazione: Marco Melandri, Manuel Poggiali, Mattia Pasini, Andrea Dovizioso, Marco Simoncelli e, chiaramente, Valentino Rossi. Tutti passati per quei motori pestiferi, per le gare con gli affettati in palio e i padri a bordo pista con le mani sporche di miscela.
Da quel mondo fatto di gare vere su moto che sembrano finte ci sono passati anche i piloti di oggi. Li vedi in foto, tra gli altri, sorridenti come bimbi in gita: Enea Bastianini, Pecco Bagnaia e Luca Marini. La grande differenza tra prima e oggi è che loro giocavano, oggi si fa sul serio. Oggi i ragazzini arrivano in pista (a Cattolica dove è cominciato tutto, o in uno dei tanti circuiti in Italia) per una sessione di agonismo puro: la tuta su misura, gli sponsor di famiglia, il nome appiccicato sul culo e un gazebo dove sistemare la moto per la messa a punto, la quale il più delle volte ha un motore a quattro tempi che si cambia, non si aggiusta. Sono micidiali, ma si divertono meno.
Prima la pista di Cattolica non c’era, c’erano i parcheggi con i muri di paglia. Vittoriano Orazi è in Giappone quando vede una moto piccola, un giocattolo che decide in Italia per farci giocare i figli. Erano gli anni Ottanta, non c’era internet e il mondo prima della globalizzazione poteva farti delle grosse sorprese se prendevi un aereo per volare dall’altra parte del globo. Vittoriano torna con quella piccola meraviglia che cambia la sua vita e lo sport del motore. Prima un passo alla volta, a fatica, poi veloce e incontrollabile. La visione è stata fondamentale perché serviva fare tutto da zero, non c’era nulla: attaccare il motore di un decespugliatore alla moto, lavorare al telaio, alla trasmissione, alle gomme: “Ricordo la difficoltà nel trovare le catene adatte - racconta Matteo Orazi, il figlio di Vittoriano che ha spinto più di tutti per realizzare il film - ma i problemi erano tanti. Il pignoncino per esempio, da sei denti, perché qualche tecnico amico di mio padre gli diceva che su quella catena non avrebbe girato”. Quando la moto è pronta, senza sospensioni né freno anteriore, a collaudarla è Vittoriano, che se ne innamora e la battezza Vittorazi: piccola, anzi piccolissima vista da vicino, ma per tutti. Resta il fatto che non ci sono i circuiti, mancano i piloti, non c’è un regolamento.
Minimoto Revolution racconta questa storia. C’è il tema delle elementari di Marco Simoncelli nell’officina dei Pasini, ci sono campioni del mondo ripresi mentre non sanno ancora come allacciarsi le scarpe. Valentino dice che questo ha permesso a lui e a tanti altri di arrivare al mondiale più forti, già pronti. Non dice però che loro al mondiale giocavano, si prendevano in giro e tutto funzionava bene così, piadina e Coca-Cola, perché il mondiale dei grandi era la 500. Vittoriano Orazi con le minimoto ha messo a posto sé stesso e la sua famiglia, ma non ha mai pensato di renderlo un gioco capitalista con cui premiare i ricchi: le moto le faceva tutte uguali, senza pensare troppo a componenti costose con cui battere gli avversari. Lui, Vittoriano, in quei circuiti disegnati con le balle di fieno aggiustava le moto, parlava coi ragazzi, spiegava il suo piccolo miracolo ai genitori.
Il Fulgor è pieno di piloti, giornalisti, gente del giro. Gente che rivive in un attimo tempi meravigliosi. Vittoriano ha lasciato in eredità ai figli una Vittorazi che sta cambiando il mondo del paramotore, forte del primo titolo mondiale per l’Italia vinto a giugno. Marco Melandri, seduto tra gli ospiti, del documentario parla emozionato, pieno di gratitudine: “È stato come riaprire un cofano di vecchie emozioni, mi si sono accese mille lampadine. Oggi abbiamo la prova di quante persone abbia unito e quante vite abbia intrecciato questa idea, cambiando il motociclismo dagli anni Novanta in poi. L’età media dei piloti è scesa vertiginosamente, perché potevi andare in pista col 125 a 12 anni ed eri pronto: avevi una base, mentre prima non c’era nulla e dovevi prendere la patente, lavorarci. La minimoto era economica, potevi noleggiarla e capivi subito se ti appassionava ed eri portato. Non c’era tecnica, solo divertimento. Dopo aver girato mangiavamo un panino con la salsiccia e giocavamo a pallone con la tuta ancora addosso, un gioco vero e proprio. Vittoriano ha aiutato molto quelli che avevano più talento e meno possibilità economiche. Adesso i bambini sono già professionisti, noi ci divertivamo con pochissimo”.
Minimoto Revolution - La Genesi dei campioni, che poi è il titolo per intero, dovete vederlo se amate le corse. Ti spiega perché tutti quei piloti del mondiale venivano dall’adriatico, andavano fortissimo e si tingevano i capelli. Ti spiega che quando i vecchi dicono che era meglio prima non è solo per un discorso anagrafico. E, soprattutto, mentre scorrono i titoli di coda, ti lascia con la convinzione che le cose belle non devono per forza essere grandi, costose e per pochi.