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Da Marc Marquez a Michael Masi: l’Abu Dhabi di Hamilton è come il 2015 di Rossi

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

13 dicembre 2021

Controverso, esplosivo, deciso dalla libera interpretazione di chi fa le regole: questo mondiale di Formula 1 è finito bene per lo show e male per lo sport. Per Lewis Hamilton ci sarà un prima e un dopo, come il 2015 di Valentino Rossi

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

Sembra che il motorsport sia condannato a scegliere tra spettacolo e competizione: da un lato gare imprevedibili e vincitori impensabili, dall’altro l’esaltazione di tecnica e talento. Il secondo però non premia gli ascolti come il primo. Succede in MotoGP, dove il regolamento è sempre più stringente e i tempi si accavallano, e succede in Formula 1, troppo spesso decisa dalla federazione e dagli organizzatori.

Abu Dhabi è stato questo e, purtroppo, non ha niente a che vedere con il talento smisurato dei due piloti che hanno animato il mondiale. Max Verstappen e Lewis Hamilton hanno lottato per 22 Gran Premi inseguendo lo stesso sogno da marzo a dicembre, spingendosi dove da soli non sarebbero mai arrivati, ognuno con la voglia di primeggiare sull’altro prima e sul mondo dell’automobilismo poi. È stato bellissimo ed è per questo che è triste vederlo finire così, tra le polemiche di una decisione presa solo per premiare lo spettacolo. Liberty Media ha comprato il circus e l’ha reso, con una grande inventiva perfettamente americana, uno show grandioso. In un’altra gara la safety car sarebbe rimasta fino alla fine, lo ‘sdoppiaggio’ dei piloti si sarebbe svolto secondo il regolamento e i 12 secondi accumulati dall’inglese a cinque giri dalla fine sarebbero bastati a vincere il titolo. Invece questa gara era l'ultima, i piloti a pari punti e la gente a casa vuole lo show, il sorpasso e la follia. Chi organizza vuole il titolone in prima pagina anche più di chi scrive. Così la Formula 1 si è vestita da serie tv con l’obiettivo di competere con un mondo che sforna in continuazione intrattenimento. Lewis Hamilton non si è nemmeno arrabbiato, non ieri, ma avrà tempo di farlo e continuerà a pensare a questo titolo come ad una rapina. Non tra lui e Verstappen, tra lui e la FIA.

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Un po’ come era successo, con le dovute proporzioni, a Valentino Rossi nel 2015. Il mondiale se lo giocavano lui e Lorenzo e, al pari di Verstappen, anche il maiorchino meritava di vincerlo. Jorge, a Valencia, con un carico di pressione spaventoso, ha fatto quello che doveva: niente errori, sbavature, incertezze. Solo velocità e precisione, come per buona parte dell’anno. Rossi però partiva dal fondo e il mondiale, in buona sostanza, era già stato deciso prima che i piloti salissero sull’aereo per la Spagna. Fu brutto, dopo una stagione così combattuta, vedere un’ultima gara segnata dall’arbitro. Ad Abu Dhabi Michael Masi sapeva che, se avesse lasciato ai piloti un ultimo giro, il mondiale l'avrebbe vinto Max Verstappen e ha scelto di premiare lo spettacolo. Rossi quel mondiale se lo porterà dietro a vita e, nonostante tutto, anche Hamilton, che probabilmente avrà altre occasioni. La verità è che, da Michael Masi a Marc Marquez, quando i titoli li decidono gli altri è sempre un peccato, succede che il mondiale fa meno rumore della polemica che c’è attorno. Per carità: non che ai vincenti importi qualcosa.

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