Un tempo c’erano gli specialisti, giocatori che rendevano ad alti livelli su una superficie, e facevano molta fatica su altre, questo spiega la difficoltà, anche di giocatori generazionali (come Sampras), di non essere riusciti a completare il Career Grand Slam (vincere tutti e quattro gli slam nel corso della carriera); era un’altra epoca, le superfici erano diverse, i materiali di racchette e palline pure, e anche gli stessi giocatori erano molto meno attrezzati fisicamente per poter rendere al meglio su tutte e quattro (se si vuole considerare cemento outdoor e indoor come due superfici diverse) le superfici.
Ormai la situazione si è livellata, i terreni di gioco sono molto simili tra loro, i materiali permettono di essere competitivi indistintamente alla superficie calpestata e i giocatori sono delle “macchine da guerra”, dal punto di vista fisico, in grado di scivolare sul cemento e sull’erba, allo stesso modo di come fanno sulla terra (cosa un tempo impensabile), grazie anche a delle scarpe sempre più “speciali”. Per questo è sempre più normale vedere tanti giocatori (anche non necessariamente tra i top 10), trovarsi a proprio agio tutto l’anno, indipendentemente dalla superficie di gioco.
C’è però ancora un’eccezione a questo assunto: la terra rossa. Considerando il rallentamento progressivo e inesorabile dell’erba, tanto che ormai nelle seconde settimane di Wimbledon sembra di giocare su una specie di “terra erbosa”, con la differenza (rispetto a quella rossa) che la pallina rimbalza un po’ meno e “schizza” un po’ di più; la terra battuta è rimasta l’unica superficie in cui ci sono ancora degli specialisti, che ciclicamente tornano ad aprile, con l’inizio di Montecarlo e spariscono a giugno, con la fine del Roland Garros. Giocatori come Etcheverry (arrivato tra gli ultimi 8 al Roland Garros lo scorso anno), Garin (semifinalista a Monaco ed Estoril quest’anno dopo mesi di Challenger), il grande maestro Lajovic (semifinalista a Barcellona dopo mesi di uscite al primo o secondo turno); ma è possibile fare nomi, con tutto il rispetto per quelli appena citati, anche più importanti, come Musetti, sicuramente più a suo agio su questi campi rispetto agli altri, Rune, che sulla terra quest’anno (come lo scorso) sta riscoprendo la sua voglia di lottare e infine i due giocatori del momento, Stefanos Tsitsipas e Casper Ruud.
I due, dopo mesi di difficoltà, sono tornati a giocare il loro miglior tennis proprio sulla terra battuta, raggiungendo la finale sia a Montecarlo, che a Barcellona, con una vittoria a testa. Ovviamente il paragone con gli altri giocatori è ingeneroso, Tsitsipas è stato numero 3 del mondo e si è affermato anche sulle altre superfici, stessa cosa ha fatto Ruud, seppur senza gli acuti e le vittorie del greco. I due però, che hanno la stessa età, stavano affrontando nello stesso momento il peggior periodo della carriera e hanno visto nell’arrivo della loro superficie preferita, la terra rossa, un’occasione per uscire dalle sabbie mobili in cui si erano cacciati. L’obiettivo, anche se due tornei non fanno primavera, è stato fino ad adesso raggiunto, Ruud a Montecarlo ha battuto per la prima volta in carriera Novak Djokovic ed è tornato a giocare quel tennis che lo ha portato in finale al Roland Garros per due anni consecutivi, Tsitsipas ha sconfitto il miglior giocatore del mondo al momento, Jannik Sinner ed è sembrato un lontano parente di quel giocatore che a Indian Wells e Miami racimolava appena 6 game rispettivamente contro Lehecka agli ottavi e Shapovalov al primo turno.
I motivi dietro a questa ripresa sono prevalentemente tattici e tecnici, la terra esalta i punti di forza dei due e nasconde i loro difetti. Sia Ruud che Tsitsipas amano prendere in mano il gioco con il loro dritto e costruire il punto con quel colpo, la terra permette loro di poterlo fare, colpendolo anche dalla parte del rovescio. Proprio quest’ultimo è il principale difetto di entrambi, sul cemento la palla arriva presto, girarsi e colpire sempre di diritto è impossibile, il rovescio rapresenta il loro più grande tallone d’Achille, dove gli avversari vanno a incidere per fare male. Ruud ha lavorato molto su questo fondamentale e con il tempo è riuscito renderlo un colpo molto solido; sulla terra, quando ha tempo e spazio per caricarlo è anche un colpo temibile, soprattutto quando lo gioca con un top spin esasperato, perché la palla rimbalza alta e non permette all’avversario di colpire comodo. Anche il rovescio del greco, sulla terra, acquista una nuova forma, diventa più solido in risposta (enorme punto debole sulle superfici veloci) e in lungolinea, mentre le stecche diminuiscono in modo notevole. A Madrid, dove la superficie è più veloce, anche perché si gioca in altura,Tsitsipas ha perso contro Monteiro, in una partita in cui ha risposto malissimo (grazie anche all’altissima percentuale di prime dell’avversario, 89%) e non ha trovato profondità, venendo continuamente punito da un avversario molto aggressivo. Anche dopo questa sconfitta, Tsitsipas si è dichiarato fiducioso di poter lottare per prendersi il massimo dei punti ancora in palio nella stagione sulla terra rossa, confermando come ormai anche lui stesso si senta uno specialista di questa superficie (e al momento poco altro).
Ruud invece, dopo un buon esordio contro un giocatore complicato da affrontare come Miomir Kecmanovic, affronterà Cameron Norrie per continuare il proprio momento positivo. Se per anni la terra rossa è stata una superficie piena di specialisti, dove alla fine però vinceva sempre Rafa Nadal, adesso, con il declino del re, si è aperta una nuova era, all’insegna della democrazia e dell’imprevedibilità, in cui gli specialisti rimangono, ma il re non c’è più.