Una MotoGP moderna, rispetto ad una di cinque anni fa, viaggia su di un altro pianeta. Meno bella forse, ma nelle competizioni è bello ciò che funziona. Ora per andare forte una moto ha bisogno delle ali, dell’abbassatore in partenza (l’holeshot) e del “cucchiaio” per raffreddare la gomma posteriore. Tutte idee portate dalla Ducati dell’Ingegner Dall’Igna e poi, col tempo, riproposte più o meno fedelmente dagli altri costruttori. Oggi la Desmosedici GP21 ha ruote lenticolari, un nuovo codino e, soprattutto, una carena che ottimizza il rendimento, ideata per fare l’ennesimo passo in avanti anche con il congelamento dello sviluppo motoristico. Massimo Calandri (La Repubblica) ha intervistato Gigi Dall’Igna, Direttore Generale di Ducati Corse, in vista del secondo GP della stagione che si correrà ancora in Qatar. Ecco gli estratti più interessanti.
Dopo aver stupito durante i test con Jack Miller, in fondo al rettilineo (a 362,4 Km/h) con Johann Zarco ed il sabato in qualifica con Pecco Bagnaia, chiunque si sarebbe aspettato di vedere una Ducati sul primo gradino del podio. C’è chi, addirittura, pensava di vederne tre. Perché la Desmosedici andava fortissimo e i piloti sembravano tutti, ognuno a modo proprio, competitivi. La storia recente poi ci insegna che la Ducati in Qatar è la moto da battere. Dall’Igna tuttavia non si dice poi così sorpreso dalle prestazioni di Mavericks Vinales: “Non mi sembra così strano: Yamaha è la casa costruttrice che qui ha collezionato più successi. La pista è favorevole anche a noi, negli ultimi anni avevamo vinto ma al fotofinish. Poi ci si è messo di mezzo il vento, che ci ha rovinato i piani: abbiamo una moto più sensibile alle raffiche per caratteristiche di aerodinamica. Non è una scusa, anzi: dobbiamo migliorare su questo aspetto. Siamo comunque arrivati al secondo e terzo posto. Per domenica siamo molto fiduciosi. E se non vinciamo, ci restano 19 gare per rifarci”.
Nonostante il congelamento dello sviluppo motoristico, Ducati (come ogni anno) ha portato moltissime novità: “Il congelamento è parziale, ci sono tante cose intorno su cui lavorare - ha spiegato Dall’Igna - l’impianto di scarico, l’aspirazione, le mappature. E l’aerodinamica. Ci siamo concentrati sulla carenatura. Funziona. Però l’abbiamo provata solo qui, è presto per dire se ci potrà dare vantaggi anche altrove. Il segreto? Certi paramenti per ottimizzare il rendimento, non posso dare altri dettagli. Gli altri ci impiegheranno un po’ a copiarci. E quando capiranno, avremo trovato qualcosa di nuovo. Fa parte del gioco. Ma sulla velocità pura, credo siamo arrivati al limite: con queste regole, non penso potremo fare di più”.
Poi, a domanda, risponde che nella vita preferisce prendersi il suo tempo, anche se con qualche eccezione: “Se vado piano come un lemure? Ma no: in auto, in Germania, ho toccato i 260-270. E sono salito su di una Panigale, andando anche oltre. Però quando devo prendere delle decisioni sono un tipo riflessivo. Non mi piace correre”.
Parlando dei suoi piloti invece, smentisce l’idea che per guidare la sua Ducati serva una guida violenta: “È chiaro che in certe fasi bisogna essere aggressivi, ma la MotoGP deve essere guidata in maniera fluida. Miller non è un violento, naturalmente non lo era Lorenzo. Uno dei motivi per cui ho voluto Zarco, è dimostrare che anche con qualche modifica nello stile si può andare forte con una moto come la nostra. I nuovi piloti? Sono come libri appena aperti, mi piacciono molto. Hanno portato una ventata di aria fresca: ci voleva, specie per un vecchio come me”.
Infine, una battuta sul suo rapporto con la casa di Borgo Panigale: “Come tutti i matrimoni, ci sono cose bellissime e altre meno. La cosa più importante è l’obiettivo, il motivo dei nostri sacrifici: credo che quest’anno mondiale sia davvero possibile riportarlo a Borgo Panigale, e faremo di tutto per riuscirci”.