Enea Bastianini ha conquistato un decimo posto all’esordio per il quale ogni appassionato Ducati avrebbe messo firma e controfirma prima del via; Jorge Martin ha lottato come un leone nei primi giri (finendo per stressare troppo le gomme) superando qualcosa come dodici piloti in un giro; Luca Marini ha fatto il suo arrivando appena dietro a Martin e concludendo la gara con una dignitosissima sedicesima posizione.
I tre rookie di Borgo Panigale sono stati una certezza, con la punta di eccellenza assoluta toccata da Bastianini, e se c’è un dato che deve far godere i ducatisti è esattamente questo. Non altri che, al netto di ogni valutazione, possono lasciare solo il tempo che trovano dopo la prima gara del mondiale e su un circuito che, come già detto, nonpuò essere considerato indicativo.
Sì, è vero, Ducati ha fatto la pole, Ducati è salita sul podio con due piloti, Ducati ha dominato per quasi tutto il fine settimana di gara, ma non possiamo dimenticare che quello di Losail è un circuito bugiardo, che non mostra mai i valori reali in campo, con troppi elementi che rischiano di falsare ogni analisi e, soprattutto, ogni pronostico. Ecco perché ci viene da dire che, senza nulla togliere a Johann Zarco e Francesco Bagnaia, le vere ragioni della gioia in Ducati dovrebbero essere altre. E, per lo stesso principio, ci viene da aggiungere che chi ha già bollato come “delusione” Jack Miller dovrebbe almeno prendersi il tempo di vedere come andranno le cose dopo il ritorno in Europa.
Che dall’australiano fosse lecito aspettarsi qualcosa in più è un dato di fatto, ma lo è altrettanto che il comportamento degli pneumatici ha fortemente condizionato la gara di tutti. Miller ha spinto all’inizio per scattare subito in avanti pur partendo dalla seconda fila e questo potrebbe aver segnato l’inizio anticipato del cedimento dei suoi pneumatici. Con le difficoltà bisogna saperci convivere, così come la pelle andrebbe venduta cara sempre proprio come ha fatto Bagnaia con Vinales, ma da qui a pensare che Miller sia già un fallimento, oggettivamente, ce ne corre.
Andrea Dovizioso in Qatar avrebbe vinto. E’ questo il commento che si legge con più frequenza sui social, nei vari gruppi di appassionati della Rossa, ma le analisi sul nulla hanno sempre prodotto risultati pari a zero e non si può non sottolineare che Maverick Vinales, ieri, ha fatto una gara pazzesca, riuscendo anche ad essere incisivo nei corpo a corpo, cosa che in passato non succedeva. Ecco perché l’elogio del motorone Ducati appare prematuro (anche se è valso un podio) ed ecco perché, almeno al momento, dalle parti di Borgo Panigale conviene fare tesoro del passato: gasarsi poco, lavorare tanto.
Senza, quindi, cedere a entusiasmi troppo facili, ma nemmeno ad altrettanto facili atteggiamenti di resa su “l’andrà come è sempre andata”. Soprattutto se si guarda al futuro, con tre ragazzini terribili che, probabilmente, hanno offerto certezze decisamente più significative di quelle offerte dagli altri tre piloti Ducati, comunque navigati e abituati alla bagarre. Il vero motivo di gioia è questo: tre rookie al traguardo nella gara d’esordio, con fasi di gara in cui, almeno due di loro, hanno pure bagarrato nelle posizioni di vertice. Per tutte le altre conclusioni, per favore, aspettiamo l’Europa.