Il primo GP del Qatar è stato, con l’eccezione di Mavericks Vinales, un ritorno alle vecchie abitudini. Perché finalmente sono tornate le corse, ma anche perché sembra che sia cambiato tutto per non cambiare nulla. Le Suzuki competitive in gara ma non in qualifica, la Ducati velocissima sul rettilineo ma in crisi nel misto e, immancabilmente, la Michelin che solleva più di qualche dubbio. Bagnaia avrebbe dovuto gestire di più, i piloti del Team Petronas sono finiti in fretta nelle retrovie e, per la seconda manche in Qatar, vedremo un gruppo di testa più attento ad arrivare infondo tenendo d’occhio l’usura delle gomme. Ne abbiamo parlato con l’Ing. Giulio Bernardelle di In-Motion Group, nonché voce tecnica del DopoGP con Nico e Zam per Moto.it.
Cosa ti ha stupito di più in questa prima gara della MotoGP?
“Che non sia cambiato molto rispetto all’anno scorso. Dopo i test sembrava che ci sarebbe stata una grande rivoluzione, invece tutto sommato i valori in campo sono rimasti inalterati. Ed era logico pensare che sarebbe andata così visto anche che si è provato poco durante l’inverno”.
Anche il congelamento dello sviluppo motoristico non deve aver aiutato.
“Esatto. Vinales ha fatto una gara delle sue e quando è così in palla non lo ferma nessuno, un po’ come capitava con Lorenzo. La Ducati è andata forte perché in Qatar lo ha sempre fatto. La Suzuki c’è, anche se durante i test non si era vista moltissimo”.
Vinales è stato bravo a non mollare come capitava lo scorso anno, quando dopo un sorpasso finiva per perdersi nelle retrovie. La grossa delusione però è arrivata dal Team Petronas.
“Purtroppo temo che per entrambi la pessima prestazione sia da imputare alle gomme, ed è un limite che continuo a vedere dal 2019. Per fortuna non vediamo più quelle chiusure d’anteriore causate dal poco feeling del pilota con la gomma davanti, quando cadevano senza capire cosa fosse successo. Ora capita di rado, ma le Michelin restano molto sensibili alla temperatura d’utilizzo. E se il pilota forza più del dovuto le gomme vanno immediatamente in sovra temperatura, il che porta le pressioni ad alzarsi sopra al livello di utilizzo ottimale e al pilota non resta che calare drasticamente il ritmo”.
Non è assurdo che, nonostante tutti i giorni di test, un cambio delle condizioni della pista - per quanto rilevante - abbia cambiato così bruscamente le carte in tavola? Sembra che ci sia un range di utilizzo ridottissimo.
“Certo, è assurdo. Piero Taramasso, in un’intervista lo scorso novembre, lo aveva ammesso. È il loro limite e stanno lavorando per risolverlo. Solo che a questi livelli significa fare molti test, che però non sono stati fatti per ovvi motivi. Purtroppo ci si porta dietro questo limite, che è lo stesso dello scorso anno, e che credo caratterizzerà tutta la stagione. Non penso che Vinales riuscirà ad essere così incisivo per tutta la stagione. Come non mi aspetto che le Ducati siano sempre lì davanti”.
Anche Pecco Bagnaia in un certo senso ci ha fatto vedere, come ai tempi di Andrea Dovizioso, che le gare sono anche basate sulla gestione delle gomme: in sostanza se parti forte rischi di pagarla cara più avanti.
“Si, l’impressione è che la coperta sia veramente corta. In qualche modo i piloti che sono arrivati davanti sono riusciti a dosare la prestazione, quindi chi è andato forte all’inizio come Rins o Quartararo ha dovuto calare un pochino negli ultimi dieci giri, mentre chi invece è partito in maniera un po’ più conservativa come Vinales poi ha fatto alla grande i due terzi finali della gara. Anche Bagnaia e Zarco hanno dovuto ridurre un pochino il ritmo, ma in alcuni casi i piloti - come è successo a Rossi e Morbidelli - non riescono a gestire la gomma nelle prime fasi e si trovano da subito in crisi”.
A proposito, Franco Morbidelli ha parlato di problemi all’holeshot e al monoammortizzatore. Pensi che sia comunque una questione più legata allo pneumatico?
“Logicamente dobbiamo rifarci a quello che viene detto dai piloti perché non ci sono prove a riguardo, anche se a me sembra molto strano. Il sistema di abbassamento può avergli fatto fare una brutta partenza, però poi avrebbe dovuto recuperare. Invece un problema all’ammortizzatore è una giustificazione plausibile, ecco. Però mi sembra che in realtà il problema sia proprio far rendere queste gomme a dovere. Ed è una cosa legata soprattutto allo stile di guida del pilota. Anche perché a livello di regolazioni non puoi fare tantissimo. Se poi il pilota è troppo aggressivo in frenata o ha un metodo di far girare la moto che esercita troppa pressione sulla gomma posteriore, invece di avere il potenziale per fare 20 giri ne puoi fare sette o otto con un buon ritmo. Ed è quello che succede a Valentino Rossi da due o tre anni ormai”.
Pensi che questa Michelin possa essere un vantaggio per Suzuki, magari più gentile con le gomme sia sul lato tecnico che grazie ai piloti? Mir ha spiegato di aver cambiato stile di guida, che ora è più dolce e progressivo nell’apertura del gas.
“Penso che la Suzuki abbia questa qualità sia per la bravura dei tecnici che per semplice fortuna. Non penso che fare una moto così in linea con le gomme sia troppo pianificabile, altrimenti anche gli altri costruttori si sarebbero posti questo target e lo avrebbero raggiunto, magari dopo anni di tentativi. Però certo, è possibile che la Suzuki e i piloti che la guidano siano il pacchetto migliore per far rendere su tutti i circuiti le Michelin. È questa la caratteristica che ha permesso a Mir di vincere lo scorso anno. Ricordiamoci che se Rins non avesse fatto passare Mir a Valencia, Johann avrebbe vinto il mondiale solo con i piazzamenti. Questo significa che la moto non è quasi mai andata in crisi con le gomme, mentre gli altri hanno avuto problemi con gli pneumatici per almeno un paio di gare”.
D’altronde Suzuki, specialmente con Mir, è sempre stata protagonista nella seconda metà di gara. Forse questo gli permette di non rovinare troppo la gomma nelle prime fasi.
“Secondo me è soprattutto il modo in cui il pilota affronta la percorrenza di curva. Uno come Rossi, che ha una guida d’altri tempi anche per via dell’età, non guida come fanno oggi in Moto2. Invece i piloti che vanno veramente forte adesso andavano molto bene anche con la Moto2, perché hanno sviluppato un metodo di guida molto diverso rispetto a prima. Ed è proprio il modo di frenare e di dosare il gas in percorrenza ed uscita di curva”.
Pare che Maverick Vinales abbia lavorato, durante i test, quasi esclusivamente in ottica gara e non per la stagione, come invece hanno fatto Fabio Quartararo e Valentino Rossi.
"Sarebbe stata una scelta molto intelligente, non mi stupisce. Diciamo che durante i test è mancato l’ultimo giorno, quando l’obiettivo di tutti era concentrarsi sul passo gara. Sicuramente Vinales si è preparato molto bene durante l’inverno, così come Quartararo. Però alla fine questo non porta al risultato. Sul podio sono saliti quelli che erano più pronti per il Qatar, ma negli altri circuiti credo che le condizioni saranno talmente diverse che sarà anche una questione di fortuna”.
Inutile quindi sviluppare la moto in Qatar per tutto l’anno, tanto valeva fare come Maverick e concentrarsi sulle due gare di Losail?
“Si, obiettivamente è così, in questa MotoGP si vive un po’ alla giornata”.