“Can we do this for another 10-15 years?”, così Max Verstappen esordisce nel team radio di fine gara di Abu Dhabi 2021. Così, dopo il “You are the World Champion, the World Champion”, pronunciato da Christian Horner, così, prima di appoggiarsi alla posteriore sinistra della sua monoposto, piangendo.
Era il 12 dicembre 2021, e così prendeva forma - sotto gli occhi del mondo intero - l’ascesa di un ragazzo, all’ora ventiquattrenne, campione del mondo per la prima volta. “I’m not right? Am I?” (ndr. “non sono campione, vero? Lo sono?”), chiede Max prima della premiazione del Grand Premio del Giappone, in balia di regolamenti e numeri. Si, lo era. Il 9 ottobre 2022, si consolidava così la sua supremazia, con la vittoria del secondo titolo iridato. Sabato, 7 ottobre 2023, Max Verstappen arriva secondo nella gara sprint del Grand Premio del Qatar, risultato sufficiente per potersi dichiarare tre volte campione del mondo.
Tre anni consecutivi, in RedBull, un ragazzo prodigio che di questa squadra ha fatto una famiglia. Un ragazzo prodigio che ora, un ragazzo, in fondo lo è ancora, perché non possiamo che stupirci dinanzi a questi suoi 26 anni, compiuti - forse per uno scherzo del destino - esattamente una settimana fa. Un ragazzo sì, che di ragazzo ha tuttavia ben poco, se non fosse per l’anagrafe. Max è cambiato dal 2021, lo dice anche Charles Leclerc, che con l’olandese ha trascorso i suoi anni di kart, rivali sì, ma pur sempre bambini.
Max è cambiato, “si è calmato un po’”, dice il monegasco alla stampa a Doha, con un sorriso sul volto come a dire che sì, rivali, ma i ricordi più dolci di un passato lontano sono forse proprio quelli con chi – in pista – era il tuo più grande avversario. È dal sorriso di Leclerc che capiamo tante cose, come le capiamo dallo sguardo di Christian Horner, verso il gradino più alto del podio, weekend dopo weekend. È il saluto affettuoso ai propri cari a Zandvoort o quello con i propri meccanici dopo ogni gara. Capiamo tante cose di un ragazzo che tante cose, spesso, non le fa trasparire. Forse Max è questo, quello che non fa vedere ma che – allo stesso tempo – esprime, con abbracci stretti a persone che lo hanno reso ciò che è oggi, con sguardi concentrati, di chi ha un solo obiettivo ed è la bandiera a scacchi, prima di tutti, con sorrisi e battute, in un circus che – troppo spesso – ti costringe in automatismi e distacco.
Max Verstappen forse è proprio questo. Un tre volte campione del mondo, certo, ma un campione ormai riconosciuto e allo stesso tempo tutto da conoscere. Di quelli che sembrano ormai assodati, quasi scontati, qualcuno direbbe noiosi, ma che – a conti fatti – rimangono una incognita, ma di quelle belle.
“Can we do this for another 10-15 years?”, lo intendeva davvero. Di anni, da questa domanda, ne sono passati solo tre e il futuro appare roseo per la squadra di Milton Keynes, che con l’olandese sembra aver trovato un equilibrio senza eguali, inebriante, quasi da non poterne fare a meno ma che, anche quando viene a mancare (pensiamo al Giappone), ritrova sé stesso, in ogni persona coinvolta nel progetto Red Bull Racing. In un Max che è effettivamente cambiato, razionale, prudente, calcolatore. In una RB19 prodotta dalla mente brillante – ancora una volta - di Adrian Newey.
7 ottobre 2023 e le luci del circuito di Losail incorniciano la pista, le scritte sono chiare – un altro campionato è stato assegnato, il numero tre, fatto con la mano, in piedi sul muso della monoposto numero 1, i festeggiamenti in un sabato che sa tanto di domenica. Tre, quel numero tanto caro a Max Verstappen, tanto da sceglierlo doppio, andando così a formare quel numero - il 33 - che lo ha accompagnato fino all’ultimo respiro, in quella magica notte emira, nel 2021. Viene da chiedersi quando lo rivedremo.
Una cosa è certa però, oggi si corre. Oggi si corre per la gloria, l’ennesima, si corre per orgoglio, come sempre, si corre a prescindere dal sabato, oggi è un altro giorno e, in un certo senso, un nuovo inizio. Oggi è domenica e di solito – la domenica – è di Max Verstappen.