Ayrton Senna aveva due volti diversi. Quello aggressivo, terribile, che sfoderava secondo necessità quando indossava il casco per scendere in pista e quello docile, malinconico, che riservava al mondo esterno. Piangeva spesso, anche davanti alle telecamere, e lo faceva senza vergogna. "Vivo di emozioni" spiegò in un'intervista diventata celebre negli anni, provando a far capire al resto del mondo che cosa si nascondesse dietro a quello che appariva come un eterno conflitto interiore. Feroce in pista, sofferente fuori. Per lui i risultati non erano mai abbastanza così come i titoli, i successi, i giorni passati davanti a tutti gli altri.
Quando lasciò McLaren dopo tre titoli mondiali e sei anni insieme pianse a lungo nonostante davanti a sé ci fosse l'occasione di tornare campione del mondo approdando in un top team di successo come la Williams. Pianse per i sette anni passati con Honda, uno in Lotus e sei in McLaren, per il senso di colpa di chi a una squadra sa di dovere tutto. Eppure la voglia di tornare a vincere, di dimostrare a più di 30 anni di essere ancora l'uomo da battere, lo portò a cercare un sedile in Williams, a firmare il contratto per il suo futuro e cambiare strada in corsa, inseguendo il vero credo della sua carriera: il bisogno di emergere, sempre e comunque.
L'immagine di un Senna in lacrime sul gradino più alto del podio di Adelaide, in Australia, alla fine del 1993, è tornata alla mente nel giorno dell'addio di Marc Marquez dalla Honda, in un sofferto e preannunciato divorzio che si trascinava da tempo. Lo spagnolo ringrazia il team per gli undici anni insieme e, condividendo la malinconia di una scelta pagata a caro prezzo, pubblica sui social una fotografia che lo ritrae piangente, senza nascondere la sofferenza di questo passaggio.
Lui che, come Senna, negli anni di dominio si è distinto per l'aggressività in pista, in un gioco spietato che lo vedeva sempre oltre il limite, che spesso costringeva gli altri a fare un passo indietro. Lui che, come Senna, di questa rabbia ha portato i segni: quelli dello spagnolo ben visibili sul corpo, martoriato da anni di infortuni e operazioni, e quelli del brasiliano arrivati alla mente, al fare i conti con la propria morale. Lui che, come Senna, è stato odiato e accusato, ma che ha cambiato il suo sport, riscrivendo regole e criteri, dando un volto preciso a una generazione di sportivi.
I paragoni sportivi, amatissimi nel mondo del motorsport, sono sempre in qualche modo sbagliati, esagerati, romanzati, e anche questo lo è. Perché tra Marquez e Senna ci sono infinite differenze, grandi diversità caratteriali e sportive, ma dentro a quell'aggressività sofferta, a quel bisogno di essere amati da tutti, amati in quanto i migliori, c'è una similitudine che attraversa il tempo. Con Marquez disposto a lasciare casa per un team clienti come Gresini, ancora più pronto a tutto del brasiliano che lasciò McLaren per un sedile come quello disponibile in Williams.
E se da una parte Ayrton Senna non ha avuto il tempo di battere ogni record, fermato da un destino che bloccò la sua corsa verso il quarto titolo mondiale, Marc Marquez - osservato speciale in una strada ad oggi tutta in salita - potrà puntare a tornare al successo. E sarà il tempo a dirci se questa volta la strada presa sarà davvero quella giusta.