Charles Leclerc se la ricorda bene la sua prima volta a Maranello. Si ricorda del consiglio di Jules Bianchi, entrato in un mondo a cui il giovanissimo pilota non poteva ancora aspirare: "Lavora sodo - gli disse, lui già parte di quel progetto appena nato della Ferrari Driver Academy - e un giorno toccherà a te". Leclerc che per quel sogno ha sempre vissuto, cresciuto tra le strade di una Monaco che di Formula 1 è fatta.
Venuto su, come tutti i bambini aspiranti piloti della sua generazione, a pane e kart, lunghi weekend di gare, allenamenti, trasferte costose ed estenuanti per famiglie benestanti sì, ma non certo milionarie. Si ricorda la fatica fatta per emergere in ogni fase della sua carriera, ogni scalino, ogni brivido nella schiena davanti all'attesa di una risposta che avrebbe potuto cambiare la sua storia: uno sponsor in più, uno sponsor in meno, un contratto, un manager, un'Academy in cui crescere.
Sono cose che non si dimenticano, che segnano le fasi della vita di un bambino che le ha vissute con la gioia di chi, nonostante la pressione, sta solo inseguendo il suo sogno. Linee sul muro, quelle che misurano la crescita di ognuno, che per Leclerc e per tutti quelli come lui sono i punti indelebili che lo hanno portato dov'è.
Un metro e ottanta, la schiena dritta di chi alla durezza delle tragedie ha risposto senza arretrare, la tuta rossa dei suoi desideri di sempre. Lui che ha sempre sognato la Ferrari, lui che in Ferrari è arrivato giovanissimo, dopo un solo anno di gavetta di Sauber. Lui che all'esordio, alla sua prima stagione in Ferrari, ha vinto, ha combattuto, ha ridimensionato la figura di un quattro volte campione del mondo come Sebastian Vettel al suo fianco come compagno di squadra. Ha conquistato Monza e da lì, il cuore di tutti i tifosi. Lui, Charles Leclerc, che dentro ai giorni buoni custodisce la speranza per resistere alle delusioni.
Che di giorni da dimenticare, in questi anni in rosso, ce ne sono stati parecchi. Giorni di vergogna, anni di monoposto dimenticabili, momenti di speranza mondiale e poi, i più duri di tutti da accettare, attimi di lucidità fatti di una delusione viva, figlia della consapevolezza di non avere più possibilità di lottare, vincere, alzare quella bandiera sopra a Maranello.
Eppure dopo un 2022 crudo, e dopo un inizio di 2023 molto al di sotto delle aspettative iniziali, Charles Leclerc continua a ripetere come un mantra quello che è ad oggi il suo unico vero obiettivo: vincere in Formula 1 sì, ma vincere vestito di rosso. Così mentre si parla dell'interesse di altri team, anche top team come Red Bull e Mercedes, su di lui in vista del 2025, il monegasco sembra più intenzionato che mai a rinnovare con Ferrari con largo anticipo, forse già a settembre in occasione del Gran Premio di Monza.
Dalle indiscrezioni emergono dettagli su quello che potrebbe essere l'accordo già trovato tra le dua parti, con un rinnovo record per Leclerc: un contratto 2+3 per blindare il monegasco in rosso fino al 2029, dieci anni dopo la sua stagione d'esordio con la scuderia di Maranello. Una scelta azzardata da entrambe le parti, pensano in molti, sicuramente figlia di un legame d'altri tempi. Nello sport non ci sono più bandiere, si sostiene da anni, gridando allo scandalo davanti ad atleti "mercenari" che cambiano il proprio credo davanti al richiamo delle vittorie, dei soldi, dell'immortalità sportiva. Così mentre si discute della scelta di Leclerc, che chiudendo le porte ad altre scuderie per restare in Ferrari potrebbe scrivere il suo successo come segnare la fine delle sue speranze in Formula 1, lui sceglie di tenere una bandiera tra le mani, nel bene e nel male.
Sarà il tempo, a dargli ragione o torto. Se quella linea sul muro, ferma al sogno di un bambino cresciuto per essere pilota Ferrari, avrà segnato l'altezza di un futuro campione del mondo o meno. Nel mezzo, in attesa di conferme o smentite, la certezza è che il destino che scegliamo finisce sempre, in un modo o nell'altro, ad assomigliare a chi siamo.