La stagione del calcio italiano è arrivata alla sua conclusione e sappiamo quali saranno dunque le squadre che disputeranno la prossima stagione di Serie A, tra sorprese, certezze e qualche delusione. Sarà un’annata storica, anche se manca ancora qualche mese - più un Europeo e un’Olimpiade - al suo inizio: a dare il via al prossimo anno in campo ci saranno più club stranieri che mai. Ovviamente saranno tutte squadre tecnicamente italiane, ma dieci su venti avranno una proprietà straniera, stabilendo un record nella storia del nostro campionato. Decisivo è stato l’ultimo ciclo di promozioni e retrocessioni: sono scesi in Serie B tre club di proprietà italiana (Salernitana, Sassuolo e Frosinone) e ne sono saliti in A altrettanti stranieri (Parma, Como e Venezia). La Serie A non sarà il campionato più “internazionale” d’Europa - la Premier League inglese conterà nella prossima annata 15 proprietà straniere su 20, mentre la Ligue 1 francese ne avrà 10 su 18 - ma di sicuro sarà quello più americano. Sono 9 i club in mano nordamericana, tutti statunitensi con l’eccezione del Bologna canadese di Joey Saputo, a cui si somma il Como del colosso indonesiano Djarum. Questo è un record assoluto del nostro campionato, invece, perché i nordamericani in Premier League sono solamente 8, mentre sono 4 in Francia, 1 in Spagna e zero nella Bundesliga tedesca.
Ad alzare il numero ci ha pensato anche il recente caso dell’Inter, di proprietà della cinese Suning fino a fine maggio e poi passata rocambolescamente nelle mani del fondo statunitense Oaktree. Ma il trend è evidente, e non riguarda solo i capitali impegnati nel nostro calcio. Anche i calciatori nordamericani stanno rapidamente aumentando di numero: un anno fa ce n’era solo uno, Weston McKennie della Juventus; poi il mercato ne ha portati in dote un secondo ai bianconeri (Tim Weah) e due al Milan (Yunus Musah e Christian Pulisic). Lo scorso gennaio si è aggiunto il canadese Tajon Buchanan all’Inter, che è così diventato il primo calciatore del Nord America a diventare campione d’Italia.
Tutto ciò accade perché il calcio negli Stati Uniti, e secondariamente in Canada, sta finalmente decollando, grazie a tutta una serie di investimenti in vari settori, finalizzati a costruire un pubblico appassionato in vista dei Mondiali del 2026. Il primo test avverrà questa estate, quando la Copa América - il più importante torneo per nazionali del Sudamerica - si disputerà proprio negli USA. Il paese ospiterà poi, nell’estate del 2025, anche la prima edizione del nuovo Mondiale per club. Da tempo alcuni imprenditori hanno fiutato l’affare e hanno iniziato ad acquistare club in Europa per sfruttare al meglio il momento: quelli inglesi sono andati per la maggiore, trattandosi di quelli con i maggiori guadagni al mondo, ma oggi la Premier League è abbastanza satura. In Germania, le regole vietano a un singolo soggetto di acquistare la maggioranza delle quote di un club di calcio, mentre in Francia i margini di guadagno sono piuttosto limitati. La Spagna, per contro, è un campionato piuttosto chiuso, in termini di competitività, con Real Madrid, Barcellona e Atlético Madrid che si spartiscono le prime posizioni, e che sono saldamente nelle mani di soci e imprenditori locali.
Rimane solo l’Italia, dunque, e alla fine fa comodo a tutti. I nostri club costano mediamente meno di quelli inglesi, e richiedono investimenti più ridotti per colmare eventuali gap con le altre big della Serie A. In aggiunta, acquistare un club in Italia è chiaramente una grande opportunità di entrare nel settore del turismo: non è un caso che le prime squadre a finire sotto il controllo americano sono state la Roma, la Fiorentina, il Venezia e il Bologna, città d’arte con molti visitatori che esercitano una forte attrazione sugli stranieri. Nel 2022 c’è stata la prima proprietà straniera campione d’Italia, con il Milan del fondo Elliott: quale sarà il prossimo passo?