“Come lo vuoi il caffè? Abbiamo Arpeggio…”. Guido Meda è arrivato al Red Bull Ring di Zeltweg per raccontare la domenica di gara da appena cinque minuti e sta già armeggiando con una macchinetta Nespresso all’interno del camion di Sky. È impegnatissimo e rilassato allo stesso tempo. “Arpeggio va bene”, dico stranito mentre Mauro Sanchini toglie la polo per infilare una camicia perfettamente stirata. Parliamo del mercato piloti, della manovra di Jorge Martín. Loro sanno molte più cose di quante ne sentiamo in televisione perché la linea editoriale è che le notizie si danno soltanto se certe. I minuti passano ma continuo a sentirmi come se fossi nello spogliatoio di una squadra importante prima del derby: in quei momenti ti senti privilegiato e un po’ d’impiccio, perché il camion è stretto e c’è un continuo viavai di persone che lavorano, è un momento intenso.
Mauro, che tra i due è quello preciso, si rende conto che sta per cominciare il warm up e avvisa il resto della compagnia che è il momento di andare mentre mi chiedo come sarebbe se la trasmissione cominciasse nel silenzio. Così Meda e Sanchini si siedono per inaugurare la domenica di gare e Guido mi chiede, come si chiede quanto zucchero mettere nel caffè, se voglio entrare nello stanzino e dare un’occhiata a come funzionano le cose: “Oh, se non hai troppa roba da fare eh”. Devo avere la stessa faccia di un Tuareg davanti alle cascate del Niagara, Rosario Triolo se ne accorge: “Vai che lì è bello, ti diverti di sicuro”.
In un attimo spunta un uomo Sky con una sedia per me e un grosso paio di cuffie, sistema tutto e poi chiude la porta di questa stanza che sarà grande come il bagno di un treno. Guido è già partito: “Siamo in cabina di commento per il warm up della MotoGP - che poi è l’unico che c’è adesso - con Cosimo Curatola di MOW, un nuovo osservatore di questo sport”, mentre la regia mostra in diretta la mia faccia apparentemente tranquilla e io mi produco in un goffo saluto con la mano.
La postazione è l’equivalente televisivo di un Patek Phillippe: piccola, raffinatissima e piena di cose estremamente costose pensate per restituire al pubblico un servizio di alto livello. Conto cinque monitor, due mixer, l’ormai noto Sky-Sport-Tech-di-Mauro-Sanchini e una miriade di fogli con dati, numeri, informazioni e qualunque cosa possa risultare interessante durante la diretta. Il monitor di sinistra, di Guido, è diviso tra le informazioni sui piloti, l’orario - locale e italiano - e due telecamere sempre accese: la “Pino”, di Pino Scandinaro, e la “Ale” di Alessandro ‘Pillola’ Vermini, gli operatori che girano nel paddock assieme ai giornalisti. Al centro, in alto, vediamo quello che va in onda sul canale 208, sotto invece c’è la diretta della regia internazionale. A destra invece, altro monitor con le informazioni sui piloti in cui tra tempi, parziali e posizioni si vede anche la scelta della gomma di ogni pilota. È la bussola di Mauro Sanchini per il commento tecnico.
All’inizio faccio un po’ fatica a tenere le cuffie: è tutto ovattato, sento solo le loro voci poderose e ritmate, penso che la sensazione sia un po’ la stessa di quando fai la prima telefonata della tua vita. La diretta è un’esplosione di ritmo, tempi, intuizioni. Se fosse un quadro sarebbe un Jackson Pollock, se fosse una danza potresti identificarla in qualcosa di spagnoleggiante. Una canzone? forse una bossa nova, magari un jazz, di sicuro qualcosa su cui questi signori stanno srotolando una battle di freestyle perché a parte le rime è un gran gioco di improvvisazione.
Entrambi toccano continuamente i pulsanti del mixer per aprire canali con la regia, con Milano o tra di loro per organizzarsi, stabilire le priorità e, in generale, fare in modo che tutto funzioni. La verità è che oltre a parlare in diretta c’è un mestiere profondamente tecnico e organizzativo da portare avanti. Immaginate uno chef d’alto rango, è facile perché la televisione è da più di un decennio che ne propone di continuo. Ora immaginatevelo deciso ma sempre gentile. È un esercizio più difficile, però è così che Guido Meda gestisce il flusso della diretta tra gli inviati ai box, le voci dal coordinamento, la regia e lo studio a Milano. “Carlo, andiamo con la bolla”, dice chiedendo a Carlo Pizzo, regista Sky, quell’effetto con cui vengono trasmesse due scene in contemporanea su sfondo azzurro. La bolla arriva nel giro di un paio di secondi (non di più) con tanto di scuse per il ritardo: “Va bene così, bravo”, gli risponde Meda.
Quello che ha capito - e che gli chef faticano a comprendere - è che con le buone maniere generalmente le cose funzionano meglio, soprattutto quando il carico di lavoro è importante e la pressione è altissima. Quello che ho capito io invece è che nel momento in cui hai tutto in mano, tutto sotto controllo, questo lavoro è maledettamente divertente: davanti a me volano occhiate, piccoli gesti, piccole variazioni nel tono della voce con cui Meda e Sanchini parlano un alfabeto tutto loro. Vedono dieci cose, scelgono di dirne una e lo fanno il più in fretta possibile. Se vuoi diventare un telecronista devi fare come Picasso: impara le regole più che puoi, fallo con serietà. A quel punto scombina le cose, fai un po’ di casino, improvvisa, sorprendi il tuo pubblico, divertiti. Ricordati di divertirti.
Io sono troppo teso per farlo e, a causa di una colazione non proprio leggera, ho anche paura che mi possa scappare un piccolo rigurgito (anzi, proprio un rutto) che è come se a un astronauta cominciasse a prudere il naso dopo essere sbarcato sulla luna. Il warm up passa via in fretta con il primo tempo di Enea Bastianini, Mauro si alza per andare nel paddock a raccontare il clima della gara assieme a Vera Spadini. Guido mi guarda, io sono ancora il Tuareg di prima: “Vuoi rimanere? Dai che è figo”. Così mi allunga le cuffie del Sankio - che scrupoloso e attento com’è all'ordine e alla pulizia sarà rimasto inorridito solo al pensiero - mentre da Milano parte il conto alla rovescia: “Guido, trenta secondi”, sento in cuffia. E poi ancora “venti secondi, Guido”. Sullo schermo della diretta Sky non si vede la pubblicità, c’è la sigla in stop pronta a partire come un colpo di fucile. Lui guarda l’orologio, in cuffia i numeri scendono come un ascensore newyorkese: quattro, tre, due, uno. Siamo in onda, ho il microfono acceso. Tra una cosa e l’altra Guido mi spiega come funziona l’EVS, un sistema particolarmente sofisticato per registrare immagini in diretta e poi riproporle in un secondo momento: c’è l’intervista live a un pilota mentre Vera Spadini spiega che la moto di Oliveira è ispirata alla Barbie? L’intervista viene registrata e poi sputata fuori al momento opportuno, che poi è la parte più difficile perché bisogna raccordare, stare sul tempo, lanciare il servizio e sapere che nel momento in cui mandi in onda una registrazione, per quanto breve, la “vera” diretta sta andando avanti, il che ti costringe a fare delle scelte e a fare qualche piccola scommessa.
Durante la pubblicità Guido mi mostra un video dal suo telefono con la stessa leggerezza di chi fa i duecento orari con la sigaretta in bocca. È girato in barca, la sua “PIMS”, assieme al figlio Filippo e ad un amico di lui: “Abbiamo fatto 15 ore di navigazione, dalla Liguria all’Elba, noi tre. Ero convinto che sarebbe stato un viaggio per farli maturare un po’… e mi sa che alla fine sono diventato più pirla io”.
Arriviamo all’ultimo blocco, mancano un paio di minuti prima della fine del programma e Meda si organizza con la regia: “Guido, devi essere velocissimo perché c’è Boselli pronto”, sento in cuffia. “D’accordo, possiamo aprire già su di lui”, risponde lui. “Puoi fare l’entrata e poi lanciare lui”. Vanno avanti così per un po’, l’organizzazione è molto veloce ma estremamente chiara, senza averne l'abitudine si rischia di finire nel panico. D'un tratto la diretta è finita, ci leviamo le cuffie, sorrido un po' inebetito: “Bello eh? dovresti vedere che roba lo studio a Milano”, mi dice mentre usciamo dalla cabina di commento per lasciare il posto a Triolo, Pasini e Migno che si preparano alla gara della Moto3.
Di fronte a quello stanzino c’è un piccolo divano nero, Guido ci si accoccola sul fianco, le ginocchia strette verso il petto e una sigaretta elettronica in bocca: “Questo è il mio posticino”, mi dice. Forse lo usa un po’ come si usano gli scivoli nella sede di Google in California, forse se il corpo torna un po’ bambino la mente è più libera e si fanno pensieri più intensi. Non è la prima volta che mi capita di passare del tempo con lui, eppure continuo a rimanere basito dalla grande, enorme umanità di quest’uomo che suona chitarra e piano, pilota gli aerei, porta la barca a vela, guida le moto in pista e manda le televisioni in onda ma continua ad affrontare le cose della vita con un entusiasmo istintivo e un’enorme curiosità. Mauro Sanchini è diverso ma non meno interessante: diretto, puntuale e preciso, sa essere assolutamente geniale. Questa, in Italia, è la cabina di commento della MotoGP.