Fabio Di Giannantonio è fradicio di Prosecco e inebriato di adrenalina quando si arrampica sul muretto che dalla pitlane si affaccia sul rettilineo del Mugello. Sotto ai suoi piedi, fissati alla sporgenza grazie alle mani sicure di due marshall che braccano Fabio da dietro, scorre un fiume di gente. Alzano le mani verso Fabio, che a sua volta protende le braccia al cielo e che – attraverso un gesto tipicamente romano – riesce a farsi capire in quel frastuono tricolore: “Mamma mia, ma quanti siete?”. Sgancia le saponette dalle ginocchia, le lancia come dei fresbee, le regala a quella gioia umana straripante. Diggia è appena salito sul podio del Mugello, in MotoGP, una scena che in 26 anni di vita ha sognato centinaia di volte.
“Cresci guardando le gare in cui Vale, Biaggi e Capirossi festeggiano sul podio del Mugello sopra una marea di gente” – racconta dallo sgabello della conferenza stampa internazionale. La tuta speciale, coi colori di “Alaska Baby”, gli piace un casino (“Ho usato il nuovo pacchetto aerodinamico perché la livrea speciale era molto più bella con le nuove alette” – ammette ridendo). Ma non è ancora il massimo dell’elasticità. Tira, stringe, costringe, opprime. Fabio la slaccia all’altezza delle tibie, spalanca delle zip all’altezza dei polsi, poi riprende la parola: “A cinque giri dalla fine mi ripetevo ‘non è una gara da quarto posto’. Ho fatto un sorpasso abbastanza aggressivo su Pecco, ma era l’unico modo di sorpassarlo perché era molto forte in frenata”.
Ha siglato una gara magistrale Fabio: settimo in griglia di partenza, ottavo al termine del primo giro, quarto al nono passaggio. Da lì in poi, con pista libera davanti, un’infilata impressionate di giri sul piede dell’1’47”basso. Persino una puntata in 1’46”951, al giro sedici, sfondando una parete cronometrica che solo Marc Marquez è riuscito a scavalcare nella seconda metà di gara. Quasi tre secondi recuperati a Pecco Bagnaia, sorpassato nel cambio di direzione Casanova-Savelli, al penultimo passaggio: “Ho fatto un sorpasso abbastanza aggressivo su Pecco, ma era l’unico modo di sorpassarlo perché era molto forte in frenata”. Su specifica domanda, segue un’intrigante disamina tecnica sulle difficoltà del compagno di marca: “Lui è stato il riferimento per quattro anni qui, ha un modo meraviglioso di guidare la Ducati, soprattutto in frenata. L’unico punto debole che ha è che quando perde la staccata si ritrova un po’ disarmato. Nell’ultima parte della gara, quando il davanti comincia a muoversi tanto e devi usare altri pregi della moto, forse soffre un po’”.
Ad un giro e mezzo dalla fine, con Bagnaia alle spalle, Diggia aveva un secondo di distacco da Alex Marquez. Sul traguardo li hanno divisi solamente due decimi: “Un giro in più e te rompevo er ca**o” – la frase cult rivolta al pilota Gresini nel retropodio. Anche con Marc c’è stato un momento croccante in conferenza stampa, scattato quando il 93 ha definito il fratello e Pecco ‘i migliori piloti Ducati’ e Fabio – alzando il ditino in maniera scherzosa – ha precisato: “I’m coming, i’m coming”. Per partecipare stabilmente a questi siparietti Diggia, a detta sua, vorrebbe migliorare in qualifica, una configurazione in cui la sua GP25 fa i capricci. Così, sul finire, quando gli chiedono di scegliere un sostantivo per descrivere la sua moto, ci pensa per diversi secondi. Poi spara: “Donna”. Ridono tutti. Allora Fabio fa la punta alla matita: “Non sto dicendo buona o cattiva, ma difficile”. Sarà difficile fare a meno di un Diggia sul podio, da qui in avanti.