Doveva essere un weekend da giocare in difesa, per non perdere troppi punti, l'ha ripetuto fino allo sfinimento. Invece Marc Marquez al Mugello, nella pista che per caratteristiche tecniche ed ambientali gli è sempre stata ostile (nel 2014 l'unica vittoria in MotoGP, dal 2016 in poi bordate di fischi per gli scontri con Valentino Rossi) si è preso tutto, ma proprio tutto: centesima pole position in carriera, record della pista, vittoria della Sprint, novantatreesima vittoria in tutte le classi nella gara lunga della domenica, proprio come il numero che porta sul cupolino. La prima in assoluto, in 125cc, la conquistò quindici anni fa, proprio tra le colline toscane. Un disegno del destino? “Non credo in qualcosa di superiore, ma certe volte sembra che qualcuno davvero si diverta a giocare con questi numeri”.
Fifty-fifty erano invece le percentuali di applausi e fischi che Marc aveva sentito piombargli addosso ieri, dopo la vittoria della Sprint. Oggi, in conferenza stampa, gli abbiamo chiesto cosa ne pensasse della reazione domenicale del pubblico toscano in relazione all’ormai simbolico gesto di Davide Tardozzi, che al sabato aveva platealmente zittito la tribuna del rettilineo principale del Mugello elevando il rosso Ducati come causa superiore, come squadra da supportare sempre e comunque, un’entità che dovrebbe mettere d’accordo tutti e convincere tutti ad accantonare antipatie personali.

“È uno degli anni in cui mi sono sentito meglio qui – ha ribadito Marc - non posso controllare questa cosa, ma ho apprezzato molto il gesto di Davide, che in questo caso ha difeso me, ma che in generale difende i piloti Ducati. Sarebbe successa la stessa cosa se al posto mio ci fossero stati Petrucci, Miller, Bastianini. È davvero un ottimo team manager, infatti dopo ha incoraggiato i ragazzi che supportavano Pecco, perché è giusto che venga dato risalto all’eroe di casa. I fischi? Alla fine è un qualcosa che non possiamo controllare, ma alla fine oggi quando siamo usciti sul podio hanno fischiato anche Alex. Lui non ha fatto niente di sbagliato, ha solo il cognome sbagliato”. Una frase, quest’ultima, che ha steso la sala della conferenza stampa, mentre i fratelli di Cervera – simmetrici – annuivano rallegrati, sicuri del fatto che nessuno avrebbe negato quest’evidenza.
Marc Marquez ricorderà il Mugello 2025 come un weekend di gara in cui, oltre ad infilare una serie spaventosa di coincidenze numeriche, ha convertito una serie di fastidi in punti di forza. Buona parte di quelli che fino ad un anno fa sarebbero stati fischi, si sono trasformati in applausi. Le curve a destra di percorrenza, tradizionalmente ostiche per il 93, hanno assunto le sembianze di pieghe di velluto sopra le quali Marc ha cucito il capolavoro del suo campionato. Perché qui, in Italia, Pecco – reduce da una striscia di vittorie di Valentiniana memoria - era chiamato a riacciuffare il Mondiale per i capelli. Marc ha lasciato che si sfogasse nei primi giri, ha lasciato che il fratello Alex mostrasse le sue velleità, ma da metà gara in poi non ha lasciato più niente agli avversari. “Pecco le sta davvero provando tutte, oggi forse ha spinto troppo all’inizio. Sapevo che avrebbe provato a stare davanti” – ha ammesso alla fine dell’incontro coi giornalisti. Dal quel sorriso sulla bocca, da quei denti bianchissimi, sono state diramate che lasciano intendere come lui si stia prendendo gioco di tutti. Mentre gli altri lavorano, studiano, si intestardiscono, si illudono, Marc Marquez gioca. Si diverte. Come ha sempre fatto. I fischi residui non fanno altro che spalancare ulteriormente le sue fameliche fauci.