È un fenomeno, Fabio Quartararo, ed è diverso da tutti gli altri. È il primo francese a vincere un mondiale in MotoGP, corre col soprannome in spagnolo e il cognome italiano. Tre lingue che Fabio parla bene e con dolcezza, mantenendo un tono calmo che esplode solo al parco chiuso dopo una vittoria, quando si mette a gridare con la giugulare gonfia e i capelli spettinati. Non in Australia, comunque. Mai, da quando è in MotoGP.
Fabio a Phillip Island ci è arrivato con un peso sulle spalle da stramazzare al suolo, uno zaino contenente otto Ducati, l’Aprilia, una Yamaha piena di limiti, il disastro in Thailandia. Da Buriram è scappato, niente di meno, tagliando i capelli che aveva tinto nel momento migliore della sua stagione e allontanandosi dai social, “mi prendo una pausa”, per focalizzarsi sulla realtà. La realtà di prima: +2 su Bagnaia. Le previsioni: violento assedio alla nave che affonda, lui da solo a governarla in mezzo alla tempesta. Le cose in gara sono andate proprio così, come gli dicevano gli incubi di questi mesi in cui ha cominciato a vedere rosso, forse anche un pochino peggio. La partenza è buona, ma in un paio di giri finisce lungo perché costretto a riprendersi quei metri che in accelerazione va a perdere rispetto a tutti gli altri. La gara è compromessa, con quella moto non si supera un granché. E infatti è in fondo con le altre Yamaha, forse a pensare che non è quello il gioco di squadra che si merita, quando scivola in curva 2 a 17 giri dalla fine. In quel punto è raro vedere un pilota MotoGP per terra, il che rende la misura della sua disperazione. Finita la gara, comunque, gli restano il secondo zero consecutivo in classifica e Francesco Bagnaia che saluta dal podio.
Il risultato in pista è stato identico a due settimane prima (Bagnaia terzo, lui a zero) ma la reazione opposta. Una lucidità da fuoriclasse ha sostituito le lacrime della Thailandia perché in fondo sì, è stato un disastro, ma ora non è più inseguito, insegue. Non è più lui a poterlo “solo perdere”, ora il favore del pronostico è un peso della Ducati. Fabio Quartararo non è neanche più arrabbiato coi giapponesi, che un motore diverso l’hanno finalmente fatto, e non è arrabbiato perché il talento con cui ha vinto un mondiale non glielo toglie nessuno.
La realtà adesso: -14 da Bagnaia. Le previsioni: talento eccezionale, altri campionati davanti, una M1 che sembra pronta a funzionare e due gare imprevedibili in cui può ancora fare spavento. Questioni di prospettiva, che poi è la stessa che spesso ce l’ha dipinto un po’ come l’antagonista della stagione, un pesante fermaporte davanti all'olimpo della Ducati. Solo che Fabio non è cattivo. E non vince perché ha la moto migliore o una guida più sporca, scorretta. Vince - quando lo fa - perché è straordinario, intenso, umile. E la gente, tantissima, finisce per innamorarsi di lui, un Don Chisciotte romantico e diverso da tutti gli altri. Diavoli sì, ce ne sono tanti, ma in blu nessuno, tantomeno con una croce alata sulla nuca.