La Supersport 300 ha ucciso un altro ragazzo nella domenica di Portimaõ, Victor Steeman. Non c’è la triste analisi di una tragedia inaspettata a mettere la gente d’accordo, a rassegnare le persone: questa categoria, con moto tutte uguali, pesanti e che non frenano, non premia più il talento ma solo il rischio e la fortuna. Che ormai sempre più spesso non basta più.
Così sta diventando anche la Moto3, come ha spiegato bene Andrea Migno in un lungo sfogo sui suoi profili social. Steeman aveva 22 anni, si stava giocando il titolo e la curva 14 gli è stata fatale. Un violento trauma cranico, due notti a lottare nell’ospedale di Faro e poi il decesso. Ma per la famiglia olandese la storia non si è fermata lì. A due giorni dalla scomparsa del figlio, è morta anche la madre Flora van Limbeek. 59 anni, arresto cardiaco: verrebbe da dire crepacuore, perché perdere un figlio così è un dolore a cui non puoi prepararti e a cui nessuno ti insegna a reagire. Le corse sono un rischio, sempre, e in parte ci piacciono per questo. I piloti li rispettiamo tutti anche per questo. Ma una Supersport così, ha ragione Maverick Vinales che l’hanno scorso ci ha perso un cugino di 15 anni, è completamente inutile. Perché l’errore umano è altro, la sfortuna anche. La cosa più triste è che non sono gli anni Settanta, quando a correre ci andavano uomini adulti con idee folli in testa e le moto erano difficili da far correre. Questi sono ragazzi sostenuti dalla famiglia, ragazzi che provano ad emergere con mezzi così lenti da non essere neanche sicuri.