La MotoGP viene da Buriram, dove ai piloti è stato chiesto di correre sugli imprevisti: la pioggia ma solo in gara, così per la messa a punto si è fatto alla meno peggio, la partenza posticipata, il malore di un uomo in pista. Show must go on, si va avanti perché c’è un mondiale da correre e la gente vuole il sangue. In Thailandia l’ha versato Fabio Quartararo, fuggito dal circuito e dai social per l’errore che poi si è scoperto essere della squadra: pressioni della gomma erano troppo alte e la moto non ha funzionato. Ora è tornato in pista, anche veloce, con i capelli senza tinta e il viso tirato.
I nervi sono tesi anche in Australia dunque, forse di più di prima, perché restano meno gare e la situazione sembra tutt’altro che semplice. Nel venerdì di prove libere i piloti hanno sofferto vento e freddo e in qualifica potrebbe tornare la pioggia di inizio settimana. L’abbassatore lo usano in pochi e solo in un tratto del circuito perché la moto non è mai dritta, mentre l’aerodinamica è così pericolosa che Dorna ha concesso a una deroga sulle omologazioni per permettere ai team di eliminare le lavorazioni sulle pance delle carene. È, insomma, una MotoGP più pura e brutale, in cui la manetta è tornata al centro dell'attenzione.
L’unica strada per il titolo, adesso, è il rischio, gas spalancato. Aleix Espargarò l’ha detto chiaramente: “Se voglio questo mondiale qui devo vincere”, Fabio Quartararo e Pecco Bagnaia lo stesso. Il primo, che primo è anche in classifica, sa che questa è la pista migliore per fermare il treno di Desmosedici che punta alla coppa che tiene in casa. Pecco a sua volta sa che di errori non può più farne perché arrivare dietro non è un’opzione. A loro tre si aggiungono Enea Bastianini e Jack Miller, lontani ma non abbastanza da chiudere il gas. E poi ci sono Marc Marquez, lo squadronde Ducati, Maverick Vinales che su questa pista è sempre andato forte, qualche sorpresa. I piloti in Australia dovranno giocare sul filo, come quel wallaby che durante le libere ha attraversato la pista saltellando a cinque centimetri da una catastrofe: leggeri, convinti, veloci. Phillip Island, come la Thailandia, sta chiedendo di più, perché non basta vincere una gara. Bisogna farlo con il freddo, la pioggia, le raffiche di vento e senza errori, d’altronde se è vero che questo titolo lo meritano tutti il finale serve a fare selezione lasciandocene uno soltanto.