Ad avvolgere l’asfalto di Phillip Island cordoli bianchi e azzurri, illuminati dal sole di un cielo terso, che si riflette sul Mar di Tasmania. Forse da qualche parte, tra abissi, terra e volta celeste, era già scritto che oggi in Australia la Suzuki avrebbe vinto. La moto più fine, elegante, la principessa, il violino. Non poteva andarsene senza un saluto in grande stile, di quelli che lasciano scendere un lacrimone sul viso e annacquano le corde vocali. Persino la voce di Livio Suppo perde di integrità, per un attimo si spezza, si rompe. È proprio commosso, Livio.
“Ho il groppo in gola. Ce lo meritiamo, è astato un anno difficile. La gente ci prende in giro perché faremo un test questa settimana. Non capiscono il motivo dato che fra venti giorni tutto sarà finito. La verità è che questa squadra non ha mai smesso di lavorare, di crederci. I nostri ingegneri giapponesi del racing avevano tutte le intenzioni di continuare e, anche se la decisione è stata diversa, hanno mantenuto la loro proverbiale attitudine a restare professionali dando il massimo fino alla fine” – le parole del team manager a Sky sotto il podio. La soddisfazione, oggi, buca quel velo di rimpianto e di tristezza che – inevitabilmente – risiede nel cuore degli uomini Suzuki e di qualunque appassionato di motociclismo. Perché a Phillip Island il team azzurro ha realizzato un capolavoro. La gara di Alex Rins per intensità, coraggio e significato è degna dei migliori romanzi epici, sportivi e non. Con un finale che è difficile decifrare se sia più agro o dolce – certamente intenso. Una di quelle conclusioni che lasciano segni, indelebili. Il sogno, invece, si identificherebbe ora con un colpo di scena, una repentina retromarcia. Ma così non sarà, perché ai piani alti di Hamamatsu – forse troppo alti e per questo distaccati dalla realtà – hanno dimostrato di non prendere decisioni fondate su risultati e prospettive, figuriamoci sull’onda delle emozioni. La Suzuki, quindi, si ritirerà dalla MotoGP fra tre settimane, nonostante tutto. Nonostante una squadra vera, unita, costellata di professionisti seri, brillanti, competitivi, che credono tutt’ora in un progetto che non c’è più. Che quando hanno ricevuto la notizia del ritiro, per qualche mese, sono rimasti destabilizzati, incapaci ancora adesso di comprendere. E non si tratta di ingenuità. Oggi la Suzuki – il team Suzuki MotoGP - ha vinto. E chi vince ha sempre ragione.
“In queste notti in cui si dorme poco per il jet lag mi capita di fare delle riflessioni e mi chiedo se senza il ritiro sarebbe stata una stagione diversa. Perché siamo stati sempre veloci ma abbiamo concretizzato molto poco, tranne ad inizio stagione quando la notizia del ritiro non era ancora arrivata. Sarà un interrogativo che mi terrò per tutta la vita. Poi oggi non so sinceramente cosa sia successo, forse Alex quando si trova a battagliare con Marquez si esalta. Mi dispiace moltissimo che con un grande potenziale dobbiamo andarcene" – commenta alla fine Livio. Successivamente, al microfono di Sandro Donato Grosso, è il turno del vincitore. Alex Rins ha trionfato partendo dalla decima casella, un dato non esattamente frequente nella MotoGP odierna che, dominato dal turbinio di emozioni, è passato inosservato. È proprio il 26enne di Barcellona a consegnare alla storia una lettura tecnica (molto tecnica) della gara: “Stamattina ho saltato la colazione perché ieri sera ho mangiato la pizza di Pino’s (ristorante italiano a Phillip Island, ndr), questo è stato il segreto” – ride Rins. “A parte gli scherzi, sono molto contento. Abbiamo fatto una bellissima gara, lottando tanto, con una bella gestione della gomma posteriore. Mi sentivo molto bene, quando dovevo spingere spingevo e poi gestivo nelle fasi in cui avevo bisogno di far riposare le gomme. Sinceramente nelle prove facevamo un po' di fatica, anche perché abbiamo lavorato sin da subito sul consumo del posteriore in ottica gara, quindi sul giro secco siamo rimasti un po' indietro. Era da un bel po' di gare che non dovevamo preoccuparci di gestire la gomma dietro e qui l’abbiamo fatto perfettamente”. Alex, infine, chiude raccontando le sue sensazioni: “Devo dire la verità; noi non abbiamo mai smesso di crederci. È vero che dopo l’annuncio del ritiro non abbiamo fatto delle belle gare, ci sono anche stati un po' di casini tra Mugello e Barcellona quando io mi sono anche rotto il polso. Dopo è stata dura ma non abbiamo mollato mai. Ed eccoci qui”.