Il prossimo 5 febbraio a Sepang la MotoGP entrerà con tutte le scarpe nel 2025, che ci ha già offerto un assaggio nel martedì del Montmelò di novembre inoltrato: Marc Marquez todo al rojo, Pecco Bagnaia di bianco vestito, Jorge Martín sull'Aprilia senza numero sul cupolino, Enea Bastianini non esattamente entusiasta del primo approccio con la KTM, Aleix Espargaró che - contrariamente alle aspettative - non ha parlato male della Honda. Eppure, al di là delle novità, dei piloti che indosseranno colori diversi da quelli a cui ci avevano abituati, la sensazione è che in Malesia Gigi Dall'Igna e compagnia - oltre al proprio giardino - guarderanno con primario interesse il lavoro svolto dalla Yamaha, che non ha cambiato i piloti ufficiali (Fabio Quartararo e Alex Rins), ma che avrà due M1 in più in pista (le Pramac di Miguel Oliveira e Jack Miller).
"Se hai quattro moto per progredire ci vorrà un anno, se ne hai due ci vorranno due anni" - assomiglia ad uno scioglilingua ma è un po' il motto di Max Bartolini - primo direttore tecnico non giapponese nella storia di Yamaha - che in una lunga intervista rilasciata al giornalista Mat Oxley ha raccontato la portata del cambiamento di approccio che Iwata sta destinando alla voce MotoGP. Una riorganizzazione generale del metodo di lavoro che spiega perché, dopo gli ottimi segnali trapelati nel finale del 2024, tutti si aspettano grandi cose dagli uomini in blu nel 2025, prima stagione in cui la M1 potrà davvero considerarsi la nuova creatura dell'ingegnere italiano. Bartolini, a dir la verità, ha cominciato a dirigere le operazioni alla fine del 2023, ma un anno per conoscere l'ambiente e reindirizzare il lavoro svolto da chi l'ha precededuto è stato più che necessario. Nella stagione appena conclusa, forte delle concessioni, la Yamaha ha portato in pista una grande quantità di aggiornamenti, che hanno contribuito nell'ultima fase del campionato a pareggiare le prestazioni di Aprilia e KTM, con Fabio Quartararo che in alcune occasioni è stato il primo inseguitore delle Ducati. Sul finire dell'estate, oltretutto, l'annuncio ufficiale di Max Bartolini secondo cui "Yamaha sta lavorando su un motore 4 cilindri a V" (prima di quel momento, sull'argomento, c'era sempre stato molto riserbo da parte dei diretti interessati) ha acceso la curiosità di tutto il paddock.
In realtà, oltre alla rivoluzione motoristica (Yamaha dovrebbe cominciare il 2025 con il quattro cilindri in linea per poi, eventualmente, cambiare configurazione a stagione in corso), Max Bartolini sta capovolgendo tutta l'area di ricerca e sviluppo, a partire dalla logistica - passando per la galleria del vento - e arrivando ad uno studio intensivo degli pneumatici Michelin. Le rivelazioni sono intriganti e dettagliate: "I giapponesi vengono a Milano (la Yamaha ha un distaccamento della propria struttura sportiva a Gerno di Lesmo, ndr) più spesso di prima e noi andiamo in Giappone più spesso di prima, perché dobbiamo impegnarci di più insieme. È un po' difficile avere il reparto corse diviso su due lati del mondo! Quando Gigi (Dall'Igna, ndr) è arrivato in Ducati almeno aveva tutto entro due chilometri quadrati, mentre noi siamo a 10.000 chilometri di distanza! Abbiamo bisogno di un po' più di tempo, ma ci stiamo arrivando. Al momento la fabbricazione del telaio rimane in Giappone, perché costruire quella capacità richiede molto tempo e molti investimenti e, considerando che ce l'abbiamo già in Giappone, non ha senso raddoppiare la struttura. Poi stiamo lavorando un po' di più sugli pneumatici, quindi dobbiamo costruire un nuovo... Non voglio dire un nuovo reparto, ma un nuovo sito, perché ancora non lo abbiamo. Penso che uno dei punti di forza di Ducati sia la comprensione degli pneumatici. Ducati è stato il primo produttore ad analizzare davvero gli pneumatici e sono molto, molto forti in questo rispetto agli altri. Non so perché l'abbiano fatto, ma la Michelin ha costruito uno pneumatico ad altissime prestazioni, che è molto più difficile da gestire. Penso che la moto più bilanciata tragga il massimo vantaggio da questo pneumatico e in questo momento è chiaramente la Ducati. Qui in Yamaha, utilizziamo ancora il vecchio modo di impostare il lavoro, quindi abbiamo bisogno di un approccio un po' più ingegneristico agli pneumatici e ci stiamo lavorando. Il lato positivo è che la nostramoto ha alcuni punti di forza, come un'ottima sensazione all'anteriore, che è un punto molto, molto forte. Dall'altro lato, abbiamo una mancanza di grip, una mancanza di potenza e dobbiamo trovare un modo per gestire meglio ciò che abbiamo: questo è il nostro punto più debole. Il pacchetto complessivo non è male, è abbastanza buono, dobbiamo solo migliorare il livello".