Quando si parla di provocazioni in Formula 1 Eddie Jordan non ha molti rivali. L'imprenditore irlandese, ex proprietario dell'omonimo team e personaggio di primo piano nella massima serie degli anni 90, è da sempre uno dei volti più sopra le righe del panorama del motorsport tra polemiche, interviste passate alla storia e commenti sul lavoro di piloti e team principal della Formula 1 di oggi.
Jordan torna quindi a far parlare di sé per l'ennesima provocazione: durante l'ultima puntata del suo podcast Formula For Success, in collaborazione con David Coulthard, l'ex manager ha infatti detto la sua sulla crisi Ferrari e sulla rivoluzione che è oggi in corso a Maranello. Secondo Jordan non basteranno quindi i nuovi acquisti ai quali sta lavorando Fred Vasseur in questi mesi, con l'arrivo di ingegneri e tecnici da alcuni top team della Formula 1, seppur comunque fondamentali per replicare quanto fatto da Jean Todt: "Se oggi fossi a capo della Ferrari cercherei di emulare quanto accaduto ai tempi di Michael Schumacher che ha portato a Maranello figure come Rory Byrne e Pat Symonds - ha detto Jordan nel corso del podcast - In Ferrari ci sono sicuramente ingegneri brillanti che sono in grado di progettare grandi motori e grandi macchine, ma sono i dettagli più fini a rendere vincente una macchina da corsa. È questa la differenza".
Ok gli arrivi di grande valore quindi ma, secondo Jordan, la soluzione sarebbe spostare parte della produzione nel Regno Unito: "La Ferrari è una scuderia brillante ma a Maranello sono diversi. La pausa pranzo lì dura un’ora e mezza e bisogna fare i conti con molti capricci. Negli anni 90 la Ferrari è tornata grande con John Barnard ma la vettura era realizzata al 90% in Inghilterra e in Ferrari dovrebbero pensare di tornare a quel metodo".