E sono Settanta, per Francesco Moser! Compie settant’anni il ciclista trentino nato a Palù di Giovo il 19 giugno (del 1951) che ha vinto in carriera ben tre Parigi – Roubaix, un Giro d’Italia, altre classiche monumento (oltre alla Roubaix), poi un mondiale su strada e nel 1984 dopo una dozzina d’anni e di tentativi tolse a Eddy Merckx il primato sull’ora. Ad oggi con 273 vittorie su strada è il ciclista italiano più vincente della storia.
Moser è stato per anni l’uomo in verde della Sanson. Anzi, Moser fu proprio una visione di Sanson. Alla lungimiranza sportiva di Teofilo Sanson – sì il re dei gelati – si devono importanti cambiamenti nel mondo dello sport italiano. Fu lui, da patron dell’Udinese, che ebbe per primo l’idea di mettere il marchio della sua azienda sui pantaloncini dei calciatori e di far risaltare sul terreno di gioco la scritta Sanson. Cosa allora proibita e che gli costò diverse multe, ma le rivoluzioni, quelle fatte bene almeno, devono infrangerla qualche regola. La passione più grande di Teofilo Sanson fu comunque il ciclismo. Scoprì Eddy Merckx, vinse innumerevoli corse e giri e tra i momenti più felici della sua carriera di patron ha sempre ricordato i tre trionfi consecutivi, proprio con Francesco Moser, alla Parigi-Roubaix.
Tre. Trionfi. Consecutivi. Alla Parigi-Roubaix.
Una cosa del genere oggi non riesci nemmeno a pensarla.
Roba da tre anelli NBA consecutivi, ma anche lì o giochi nei Bulls di Jordan o sei Jordan o forse devi rivedere i tuoi piani.
Ok Boomer. Nato nel 1951 Moser è un figlio del boom economico e questo significa che si ritrova a pedalare in giro per il mondo e soprattutto per l’Italia per tutti gli anni Settanta e oltre. Chi pedala in quegli anni, osserva il Paese da una posizione privilegiata. Il Giro passa per le province, dentro lo stomaco del Paese e chi va in bicicletta ha dalla sua la vicinanza e la prossimità con la gente e la lentezza (per quanto una bici possa correre non è uno strumento a motore) per poterla guardare e conoscere. L’Italia cambia in fretta in quegli anni e pedalando Moser ne osserva ogni variazione. È in sella alla bici, anche al Giro del 1978 che finirà terzo e dove vincerà ben quattro tappe; proprio quell’anno la corsa rosa subisce una piccola, grande rivoluzione: per la prima volta la Rai trasmette la gara a colori. Immedesimatevi in chi non aveva mai visto il Giro passargli sotto casa che scopre finalmente quei colori. Che quel mucchio bianco, grigio e nero diventa un groviglio colorato nel quale spicca anche la maglia verde della Sanson. La maglia di Moser.
Durante quel giro muoiono a distanza di poche ore Peppino Impastato e Aldo Moro. Quel giorno la tappa non verrà trasmessa in televisione e la vincerà Giuseppe Saronni che di fatto sarà da quel momento il rivale storico di Moser. Non possiamo scrivere dell’uno senza citare l’altro e viceversa, perché è in quella rivalità che si definisce la vita sportiva di entrambi. Una rivalità che non scemava nemmeno nelle rare volte in cui correvano insieme. Accadde per esempio nel 1979 al Trofeo Baracchi, una cronometro che si correva a coppie, con l’organizzazione che formava le squadre nella maniera più accattivante possibile. Moser e Saronni lo disputarono insieme e vinsero – in maniera netta – battendo due passisti come De Wolf e Van Houwelingen. Ma Moser – che a crono sapeva, molto più di Saronni, il fatto suo – rese impossibile la vita al compagno-rivale con degli allunghi da brividi e tenendo un passo che farebbe rabbrividire anche il miglior cronoman di oggi.
Moser oggi produce vini, lavora la terra e il ciclismo probabilmente gli ha insegnato che serve pazienza per ottenere cose belle e risultati come una maglia rosa e come una bottiglia di vino. Solo così, se la fame in fondo te la sei tolta grazie ai successi agonistici, puoi trovare il piacere nella fatica nei campi. Nel gruppo Moser lo chiamavano Lo Sceriffo. Perché si faceva rispettare e faceva rispettare le regole di quel gruppo di zingari su due ruote che vivono codici propri misti a fatica polvere e bestemmie. Dice Moser che “il ciclismo, come la campagna, pretende una totale e incondizionata dedizione. Bagordi e baldorie dovranno aspettare la prossima vita.” Ma oggi per questo importante compleanno qualche piccolo bagordo siamo certi che se lo concederà pure lui e poi di corsa tra le viti a espiare colpe e calorie.
Buon compleanno, Sceriffo!