Alessandro Di Battista, che sui social si definisce “Attivista Politico e Reporter”, ha dedicato un lungo post a Julian Assange. Il fondatore di WikiLeaks, su cui pende una sentenza di estradizione negli Stati Uniti, è attualmente rinchiuso in un carcere di massima sicurezza a Belmarsh, poco fuori Londra, dove lo scorso 27 ottobre ha avuto un piccolo ictus. A riferirlo, qualche giorno fa, la compagna Stella Moris, che ha sottolineato come le condizioni di Assange siano in costante peggioramento a causa dello stress psicofisico a cui viene continuamente sottoposto. D’altronde non c’è di che stupirsi: a prescindere dalle controversie, dei limiti da oltrepassare e quelli da osservare con cui Assange ci obbliga a confrontarci o, più semplicemente, a prescindere delle idee di ognuno di noi, l’australiano sta pagando più di quanto possa permettersi e, ciò che è peggio, è l’idea che lo stia facendo per nulla.
Di Battista, mentre la Corte d’Appello di Londra ha confermato l’estradizione - che per Assange si tradurrebbe in un futuro più brutale e tormentato di quanto non lo sia già - ha commentato la notizia cogliendo l’occasione per attaccare la stampa italiana: “Temo ci morirà in carcere. Se ciò dovesse avvenire i principali responsabili saranno i giornalisti silenti. Gli ignavi della carta stampata. Gli editorialisti incapaci di abbandonare la loro comfort zone. Sono loro i più grandi sicari della libertà di stampa. Più dei politici, più dei potenti, più della CIA, più del Pentagono. Sono loro i più grandi traditori di Assange”. Un pensiero che l’ex 5 Stelle ha voluto riassumere (in un secondo post) con queste parole: “Solo da morto Assange verrà glorificato dalla stampa. D’altronde da morto sarà simile alla stragrande maggioranza dei giornalisti di regime. Muto. Proprio come loro”.
Ad attirare l’attenzione di chi, come noi, scrive e vive di motori, è stato vedere il nome di Franco Morbidelli tra le centinaia di persone che hanno apprezzato l’intervento dell’ex deputato grillino. E non perché i piloti non hanno diritto a rivendicare un’idea politica o sociale, ma perché, semplicemente, non succede mai. Franco Morbidelli è diverso e, soprattutto, non sceglie le sue battaglie per finire sui giornali: si presenta a Misano con un casco contro il razzismo, festeggia il mondiale Moto2 (nel 2017) con la maglia ‘Frankie Says Relax’ e passa più tempo a leggere libri che a guardare il cellulare, o almeno così racconta. Il pilota non è più l'appassionato che spegne la sigaretta in griglia di partenza degli anni Settanta. È innanzi tutto un atleta, spesso fidanzato, ha studiato l’inglese per le interviste (così da risultare più appetibile agli sponsor) e parla sempre stando attento a non offendere nessuno. Non tutti però sono così. Che vogliate Assange libero o Di Battista in galera non importa granché: uno come Franco Morbidelli, nella MotoGP di oggi, è una fortuna averlo.