Franco Morbidelli è forse l’unico pilota della MotoGP a portare avanti messaggi sociali: in Formula 1 lo fanno, tra gli altri, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, dai caschi arcobaleno alla lotta alla discriminazione. C’è chi vorrebbe che questo impegno venisse preso più spesso e da più piloti e chi, al contrario, pensa che gli atleti dovrebbero parlare solo di sport, meglio se il loro. La verità è che si tratta di una questione delicata: sfruttare la propria forza mediatica per mandare messaggi è tutt’altro che sbagliato, ma pretendere che qualcuno lo faccia - magari senza crederci - sarebbe una pessima decisione.
In questo Morbidelli si è sempre distinto, dal payoff Franky says relax dopo il titolo in Moto2 nel 2017 (che riprende una canzone anni ’80 più volte censurata) a Misano 2020, quando ha indossato un casco contro il razzismo “per diffondere un messaggio di uguaglianza in diverse lingue”.
Quando gli chiedono perché è tra i pochi a mandare messaggi sociali, in un’intervista ripresa da Motorsport-Total spiega che nel mondo delle corse tutta l’energia dei piloti è focalizzata sulla prestazione: “La MotoGP richiede molta forza e un grande impegno mentale. Devi essere in una condizione particolare per poter pensare anche ad altro. In MotoGP il pilota è continuamente sotto pressione, si corrono grandi rischi e serve la massima lucidità”.
Come a dire che i piloti, in fondo, pensano a correre. A sbagliare, casomai, è chi si aspetta che salgano in cattedra per spiegare agli altri come si vive: “È vero che molti piloti non mostrano alcun tipo di interesse per queste cose. Però è comprensibile, devi concentrarti completamente sulle corse. Io capisco lo sport e capisco che puoi distrarti molto velocemente”. Ed ecco perché, quando succede, è tutto più bello.